Ai figli i cognomi di entrambi i genitori

cognome entrambi genitoriIn data odierna la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla norma che non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e su quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori, dichiarandole illegittime per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

La Corte ha ritenuto discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre.

Secondo la Consulta “Nel solco del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale”.

Pertanto, la regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due.

In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice.

La Corte ha, dunque, dichiarato l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi.

Viene demandato al legislatore la regolazione di tutti gli aspetti connessi alla citata decisione.

La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

Scarica qui il comunicato stampa della Corte.

Illegittima la sospensione della prescrizione per Covid

La Corte Costituzionale, con sentenza 140 depositata il 6 luglio 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 9, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020.

Secondo la Corte “Contrasta con il principio di legalità la sospensione della prescrizione prevista qualora il capo dell’ufficio giudiziario adotti un provvedimento di rinvio dell’udienza penale, nell’ambito di misure organizzative volte a contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e a contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”.

In particolare, la Corte ha ravvisato la violazione del principio di legalità (sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione) perché il rinvio delle udienze, cui si ricollega la sospensione della prescrizione, costituisce il contenuto soltanto eventuale di una misura organizzativa che il capo dell’ufficio giudiziario può adottare, quale facoltà solo genericamente delimitata dalla legge quanto ai suoi presupposti e alle finalità da perseguire.

La previsione normativa della sospensione del decorso della prescrizione ha valenza sostanziale in quanto determina un allungamento complessivo del termine di estinzione del reato e, dunque, ricade nell’area di applicazione del principio di legalità che richiede – proprio perché incide sulla punibilità – che la fattispecie estintiva sia determinata nei suoi elementi costitutivi in modo da assicurare un sufficiente grado di conoscenza o di conoscibilità.

La norma censurata, nel prevedere una fattispecie di sospensione del termine di prescrizione, rinvia a una regola processuale non riconducibile alle ipotesi indicate nell’articolo 159 del Codice penale, in quanto il suo contenuto è definito integralmente dalle misure organizzative del capo dell’ufficio giudiziario, «così esibendo un radicale deficit di determinatezza, per legge, della fattispecie, con conseguente lesione del principio di legalità limitatamente alla ricaduta di tale regola sul decorso della prescrizione.

Autorevoli studiosi hanno già sottolineato come medesimi principi debbano valere anche per il regime prescrizionale introdotto dalla c.d. riforma Bonafede per la quale è in corso il dibattito sulla modifica.

Scarica qui il testo integrale della sentenza e il comunicato stampa della Consulta.