Bonifiche ambientali: la sentenza 160/2023 della Consulta

Con sentenza 160 del 24.7.2023 la Corte Costituzionale (scarica qui il testo integrale) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30, recante «Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) – collegato 2007)».

Tale norma, la cui rubrica reca: «Funzioni amministrative di competenza comunale in materia di bonifica di siti contaminati», così testualmente recita: «1. Sono trasferite ai comuni le funzioni relative alle procedure operative e amministrative inerenti gli interventi di bonifica, di messa in sicurezza e le misure di riparazione e di ripristino ambientale dei siti inquinati che ricadono interamente nell’ambito del territorio di un solo comune, concernenti: a) la convocazione della conferenza di servizi, l’approvazione del piano della caratterizzazione e l’autorizzazione all’esecuzione dello stesso, di cui all’articolo 242, commi 3 e 13, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); b) la convocazione della conferenza di servizi e l’approvazione del documento di analisi di rischio, di cui all’articolo 242, comma 4, del d.lgs. 152/2006; c) l’approvazione del piano di monitoraggio, di cui all’articolo 242, comma 6, del d.lgs. 152/2006; d) la convocazione della conferenza di servizi, l’approvazione del progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza e delle eventuali ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, nonché l’autorizzazione all’esecuzione dello stesso, di cui all’articolo 242, commi 7 e 13, del d.lgs. 152/2006; e) l’accettazione della garanzia finanziaria per la corretta esecuzione e il completamento degli interventi autorizzati, di cui all’articolo 242, comma 7, del d.lgs. 152/2006; ) l’approvazione del progetto di bonifica f di aree contaminate di ridotte dimensioni, di cui all’articolo 249 e all’allegato 4 del d.lgs. 152/2006. 2. È altresì trasferita ai comuni l’approvazione della relazione tecnica per la rimodulazione degli obiettivi di bonifica, di cui all’articolo 265, comma 4, del d.lgs. 152/2006. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano agli interventi di bonifica e/o di messa in sicurezza oggetto di strumenti di programmazione negoziata di cui alla legge regionale 14 marzo 2003, n. 2 (Programmazione negoziata regionale). 4. Le procedure di cui ai commi 1 e 2, per le quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione ha già concluso la conferenza di servizi, rimangono di competenza della Regione medesima limitatamente all’adozione del provvedimento conclusivo della singola fase del procedimento».

La Consulta precisa che Regione Lombardia ha, dunque, trasferito ai comuni le funzioni che, a livello statale, l’art. 242 cod. ambiente attribuisce alle regioni, da esercitare attraverso procedure nelle quali i comuni intervengono rilasciando un parere in ordine all’approvazione da parte delle stesse regioni dei progetti di bonifica dei siti inquinati.

Viene inoltre affermato che nel disegno del legislatore statale contenuto nel codice dell’ambiente si riserva alla regione la funzione amministrativa nella materia della bonifica dei siti inquinati (artt. 198 e 242 del d.lgs. n.  152 del 2006), materia per costante, risalente giurisprudenza costituzionale ricompresa in quella dell’ambiente e quindi riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (tra le molte sentenze n. 251 e n. 86 del 2021; in tema di messa in sicurezza, più recentemente, sentenza n. 50 del 2023).

A conferma di ciò viene ricordato inoltre che l’art. 198, comma 4, cod. ambiente attribuisce ai comuni il potere di «esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni» definendo in chiave ancillare la competenza propria di detti enti, di cui resta escluso ogni concorrente potere di esercizio sulla funzione amministrativa, secondo previsione di legge.

A seguito di tale pronuncia Regione Lombardia ha emesso il Decreto 11357 del 27.7.2023 contenente le prime indicazioni e ricognizione della citata sentenza.

Scarica qui il testo del decreto 11357 citato e la nostra newsletter sul punto.

Illegittima la sospensione della prescrizione per Covid

La Corte Costituzionale, con sentenza 140 depositata il 6 luglio 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 9, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020.

Secondo la Corte “Contrasta con il principio di legalità la sospensione della prescrizione prevista qualora il capo dell’ufficio giudiziario adotti un provvedimento di rinvio dell’udienza penale, nell’ambito di misure organizzative volte a contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e a contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”.

In particolare, la Corte ha ravvisato la violazione del principio di legalità (sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione) perché il rinvio delle udienze, cui si ricollega la sospensione della prescrizione, costituisce il contenuto soltanto eventuale di una misura organizzativa che il capo dell’ufficio giudiziario può adottare, quale facoltà solo genericamente delimitata dalla legge quanto ai suoi presupposti e alle finalità da perseguire.

La previsione normativa della sospensione del decorso della prescrizione ha valenza sostanziale in quanto determina un allungamento complessivo del termine di estinzione del reato e, dunque, ricade nell’area di applicazione del principio di legalità che richiede – proprio perché incide sulla punibilità – che la fattispecie estintiva sia determinata nei suoi elementi costitutivi in modo da assicurare un sufficiente grado di conoscenza o di conoscibilità.

La norma censurata, nel prevedere una fattispecie di sospensione del termine di prescrizione, rinvia a una regola processuale non riconducibile alle ipotesi indicate nell’articolo 159 del Codice penale, in quanto il suo contenuto è definito integralmente dalle misure organizzative del capo dell’ufficio giudiziario, «così esibendo un radicale deficit di determinatezza, per legge, della fattispecie, con conseguente lesione del principio di legalità limitatamente alla ricaduta di tale regola sul decorso della prescrizione.

Autorevoli studiosi hanno già sottolineato come medesimi principi debbano valere anche per il regime prescrizionale introdotto dalla c.d. riforma Bonafede per la quale è in corso il dibattito sulla modifica.

Scarica qui il testo integrale della sentenza e il comunicato stampa della Consulta.