La Corte Costituzionale, con sentenza 140 depositata il 6 luglio 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 9, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020.
Secondo la Corte “Contrasta con il principio di legalità la sospensione della prescrizione prevista qualora il capo dell’ufficio giudiziario adotti un provvedimento di rinvio dell’udienza penale, nell’ambito di misure organizzative volte a contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e a contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”.
In particolare, la Corte ha ravvisato la violazione del principio di legalità (sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione) perché il rinvio delle udienze, cui si ricollega la sospensione della prescrizione, costituisce il contenuto soltanto eventuale di una misura organizzativa che il capo dell’ufficio giudiziario può adottare, quale facoltà solo genericamente delimitata dalla legge quanto ai suoi presupposti e alle finalità da perseguire.
La previsione normativa della sospensione del decorso della prescrizione ha valenza sostanziale in quanto determina un allungamento complessivo del termine di estinzione del reato e, dunque, ricade nell’area di applicazione del principio di legalità che richiede – proprio perché incide sulla punibilità – che la fattispecie estintiva sia determinata nei suoi elementi costitutivi in modo da assicurare un sufficiente grado di conoscenza o di conoscibilità.
La norma censurata, nel prevedere una fattispecie di sospensione del termine di prescrizione, rinvia a una regola processuale non riconducibile alle ipotesi indicate nell’articolo 159 del Codice penale, in quanto il suo contenuto è definito integralmente dalle misure organizzative del capo dell’ufficio giudiziario, «così esibendo un radicale deficit di determinatezza, per legge, della fattispecie, con conseguente lesione del principio di legalità limitatamente alla ricaduta di tale regola sul decorso della prescrizione.
Autorevoli studiosi hanno già sottolineato come medesimi principi debbano valere anche per il regime prescrizionale introdotto dalla c.d. riforma Bonafede per la quale è in corso il dibattito sulla modifica.
Scarica qui il testo integrale della sentenza e il comunicato stampa della Consulta.