Diffusione di video hard di un minore con il suo consenso

revenge porn - consenso minoreL’art. 600-ter stabilisce: “Pornografia minorile – È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:

  • utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
  • recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164.

Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.

Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali”.

L’art. 600-quater c.p. afferma: “detenzione di materiale pornografico – Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 600ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa non inferiore a euro 1.549.

La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità”.

L’art. 612-ter del codice penale stabilisce infine “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.

La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.

Si tratta della fattispecie meglio conosciuta come revenge porn.

In relazione alle fattispecie sopra descritte, recentemente le Sezioni Unite della S.C. Corte di Cassazione hanno affrontato il tema se costituisca reato la diffusione di un video hard ritraente un minore, con il consenso di quest’ultimo affermando, con sentenza 4616/2022 depositata il 9.2.2022, il seguente principio di diritto: la diffusione verso terzi del materiale pornografico realizzato con un minore degli anni diciotto integra il reato di cui all’art. 600ter, terzo e quarto comma, cod. pen. ed il minore non può prestare consenso ad essa.

Alla luce di quanto sopra è quindi possibile affermare che:

  1. trattasi di reato di revenge porn qualora venga diffuso un video erotico ritraente persona maggiorenne senza il consenso di quest’ultima;
  2. trattasi invece del reato di pornografia minorile, qualora venga diffuso un video erotico cui partecipi un minorenne e ciò anche laddove questi presti il consenso ovvero chieda lui stesso la condivisione.

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Tasso di conversione della pena detentiva in pecuniaria da 250 a 75 euro.

conversione pena pecuniariaL’art. 53 della L. 689/1981 afferma, tra l’altro, che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di un mese può sostituirla con la pena pecuniaria della specie corrispondente.

La sostituzione della pena detentiva ha luogo secondo i criteri indicati dallo articolo 57 della legge 689/1981 e dall’articolo 135 del codice penale che stabilisce a sua volta che “Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva”.

La recente sentenza 28/2022 della Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 53 citato per violazione dei principi di eguaglianza e finalità rieducativa della pena, “posto che il tasso minimo di 250 euro al giorno previsto dalla legge trasforma la possibilità di sostituire il carcere con la pena pecuniaria in un privilegio per i condannati abbienti” (v. comunicato dell’Ufficio Stampa della Corte Costituzionale).

La Corte ha perciò ritenuto che ai 250 euro debbano essere sostituiti i 75 euro già previsti dalla normativa in materia di decreto penale di condanna, fermo restando l’attuale limite massimo giornaliero di 2.500 euro.

Una quota giornaliera minima di 250 euro, ha proseguito la Corte, è ben superiore alla somma che la gran parte delle persone che vivono oggi nel nostro Paese sono ragionevolmente in grado di pagare. Moltiplicata poi per il numero di giorni di pena detentiva da sostituire, una simile quota conduce a risultati estremamente onerosi per molte di queste persone

Peraltro, poiché il Parlamento ha recentemente delegato il Governo a modificare la disciplina della sostituzione della pena detentiva, la Corte ha sottolineato che il legislatore può, nella sua discrezionalità, individuare soluzioni diverse e, in ipotesi, ancor più aderenti ai principi costituzionali definiti nella sentenza.

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Cesti natalizi a pubblici ufficiali: è corruzione?

cesto natalizio corruzioneLa sentenza 47216/2021 del 17.11.2021 della VI Sezione Penale della Cassazione ha valutato se debba considerarsi ipotesi corruttiva la condotta costituita dal regalare cesti natalizi a pubblici ufficiali (nel caso specifico, Carabinieri).

La S.C. ha concluso che tale reato debba escludersi in presenza di un regalo di modico valore, perché incapace di sviare dalla funzione pubblica.

In particolare è stato precisato che l’attuale art. 318 cod. pen., per mezzo del sintagma «per l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri», punisce non solo le condotte già ricomprese nel precedente testo, ma anche tutti i casi in cui l’indebita dazione o la sua promessa risultino teleologicamente rivolti all’esercizio della funzione o del potere da parte dell’intraneus (Sez. 6, n. 19189 del 11/01/2013, Abbruzzese, Rv. 255073), indipendentemente dal compimento di singoli atti dell’ufficio.

Come è stato osservato dalla dottrina, la preposizione «per» viene ad indicare non solo «la finalità» in vista della quale la remunerazione è effettuata o promessa, ma anche la «causa» dell’indebita dazione di denaro o altra utilità o la sua promessa, costituita dall’esercizio della funzione o del potere da parte dell’agente pubblico.

Pertanto non può costituire reato la condotta di chi regali cesti natalizi senza che sia dimostrato se tale condotta incida sulle funzioni esercitate o da esercitarsi a cura dei pubblici ufficiali.

E sul punto non è sufficiente effettuare un semplice ipotetico e probabilistico riferimento a future (possibili) attività giudiziarie (ad es. assunzione del ruolo di testimoni nel processo da parte dei militari o prosecuzione delle indagini), dovendosi viceversa dimostrare se effettivamente la consegna dei doni possa compromettere, o a qualsiasi titolo incidere, sulla funzione esercitata o da esercitare da parte dei pubblici ufficiali.

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Tempo di notte e minorata difesa

notte minorata difesaCon sentenza 40275/2021 depositata in data 8.11.2021 le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno chiarito i principi di applicazione dell’aggravante della minorata difesa per i reati commessi in tempo di notte.

In particolare è stato affermato che:

  • ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, prevista dall’art. 61, primo comma, n.5, cod. pen., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità – oggetto di profittamento – in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l’idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato;
  • la commissione del reato “in tempo di notte” può configurare la circostanza aggravante in esame, sempre che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto.

L’onere della prova della sussistenza in concreto delle ordinarie connotazioni del tempo di notte e dell’assenza di circostanze ulteriori, atte a vanificare l’effetto di ostacolo alla pubblica e privata difesa ricollegabile all’avere agito in tempo di notte, grava naturalmente sul Pubblico Ministero.

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Molestie tramite whatsapp

Molestie tramite whatsappL’art. 660 c.p., in tema di molestie, punisce con la pena dell’arresto fino a 6 mesi o con l’ammenda fino a euro 516 “chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo“.

L’elemento oggettivo del reato consiste in qualsiasi condotta oggettivamente idonea a molestare e a disturbare terze persone, interferendo nell’altrui vita privata e nell’altrui vita relazionale.

Con “petulanza” si intende un “atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell’altrui sfera di libertà, con la conseguenza che la pluralità di azioni di disturbo integra l’elemento materiale costitutivo del reato e non è, quindi, riconducibile all’ipotesi del reato continuato” (così Cass. Pen. n. 6908/2011).

La recente sentenza 37974/2021 della Sezione I Penale della S.C. prende in esame la questione:

  • se una molestia posta in essere con la messaggistica istantanea (sms o whatsapp) debba considerarsi molestia “col mezzo del telefono”;
  • se l’invasività delle molestie debba essere esclusa dalla facoltà del destinatario di bloccare i messaggi del mittente.

Sotto il primo profilo la S.C. ha dichiarato che il riferimento al “mezzo telefonico” presente nella norma include anche gli sms inviati con telefoni fissi e mobili, nonché altri analoghi mezzi di comunicazione, ivi compresi i nuovi strumenti di messaggistica istantanea.

E’ pertanto evidente che l’invio di messaggi tramite WhatsApp possa integrare il reato di molestie alla pari di una telefonata, in quanto il riferimento normativo a quest’ultima va adattato alle nuove piattaforme di uso quotidiano.

Sotto il secondo profilo, viene invece dichiarato che l’elemento rilevante è prima di tutto “l’invasività in sé del mezzo impiegato per raggiungere il destinatario”, e non la mera “possibilità per quest’ultimo di interrompere l’azione perturbatrice, già subita e avvertita come tale, ovvero di prevenirne la reiterazione, escludendo il contatto o l’utenza sgradita senza nocumento della propria libertà di comunicazione“.

Del resto, il reato di molestie non ha natura necessariamente abituale e non esige una reiterazione delle condotte. Di conseguenza, è sufficiente che vi sia anche una sola interferenza indesiderata che alteri fastidiosamente lo stato psicofisico o le abitudini quotidiane della vittima, non rilevando in alcun modo la presenza dell’opzione “blocca contatto”, la quale non avrebbe la funzione di impedire il reato, bensì di interromperne l’esecuzione che, di fatto, si è già perfezionata con un unico atto molesto.

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