Reati tributari e delega ad operare su conto corrente

La circostanza che un soggetto indagato per reati fiscali abbia delega ad operare su conto corrente di altra persona (ad esempio, l’anziana madre) non è sufficiente a rendere sequestrabili le somme depositate sul conto.

Come noto, in tema di confisca per equivalente, la “disponibilità” del bene, quale presupposto del provvedimento, non coincide con la nozione civilistica di proprietà, ma con quella di possesso, ricomprendendo tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi, e si estrinseca in una relazione connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Sez. 3, n. 4887 del 13/12/2018 – dep. 2019, De Nisi, Rv. 274852-01).

La S.C. di Cassazione, sezione III penale, con sentenza 3.8.2022 n. 30619, ha ricordato che “la giurisprudenza ha affermato che la titolarità di una delega ad operare incondizionatamente su un conto corrente bancario intestato ad altri configura l’ipotesi di disponibilità richiesta dal D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 12-bis ai fini dell’ammissibilità del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente (cfr. Sez. 3, n. 13130 del 19/11/2019, dep. 2020, Cattaneo, Rv. 279377. Secondo tale giurisprudenza, l’esistenza di una delega a operare su un conto corrente bancario, di cui non sono stati indicati né i limiti, né lo scopo, attribuisce senza dubbio al delegato la disponibilità delle somme giacenti su tale conto, posto che egli ha, comunque, la possibilità di apprenderle e disporne, salvi gli obblighi di restituzione e rendiconto nei confronti del titolare del conto (Cfr. anche Sez. 3, n. 23046 del 09/07/2020, Cavinato, Rv. 279821, per cui in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 12-bis, la delega ad operare rilasciata dal titolare di un conto corrente all’indagato, ove non caratterizzata da limitazioni, è sufficiente a dimostrare la disponibilità da parte di quest’ultimo delle somme depositate”.

Pur tuttavia, prosegue la Corte, “Tali principi devono essere senz’altro ribaditi anche in questa sede ma con la precisazione che occorre sempre tenere conto delle specifiche modalità del fatto e che è possibile che il terzo estraneo fornisca la prova contraria. Cfr. in tal senso Sez. 3, n. 240 del 30/10/2017 (dep. 2018), Seamol Immobiliare Srl, in motivazione, che ha affermato che una tale delega, non corredata da limitazioni di sorta, costituisce, ai fini della operatività del sequestro, in capo al delegato una presunzione relativa di disponibilità effettiva che può essere superata da circostanze di segno contrario la cui deduzione spetta all’interessato. Sez. 3, n. 23039 del 2020, 01/07/2020, Sala, non massimata, ha affermato la necessità della verifica in concreto nell’ipotesi in cui il denaro sottoposto a sequestro era della persona giuridica, estranea al reato, mentre indagato era l’amministratore della società della società estranea al reato che aveva la delega ad operare sui conti correnti della società. Sez. 2, n. 29692 del 28/05/2019, Tognola, Rv. 277021-01, con riferimento al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ai sensi dell’art. 648-quater c.p., comma 2, ha affermato che la delega ad operare rilasciata dal titolare di un conto corrente all’imputato, anche ove non caratterizzata da limitazioni, non è di per sé sufficiente a dimostrare la piena disponibilità da parte di quest’ultimo delle somme depositate, occorrendo ulteriori elementi di fatto sui quali fondare il giudizio di ragionevole probabilità in ordine alla libera utilizzabilità delle somme da parte del delegato”.

Pertanto, si è osservato che ove la disponibilità dei beni da sottoporre a sequestro sia desunta dalla titolarità di una delega ad operare su conti correnti o altri rapporti bancari, il contenuto della delega è metro imprescindibile per valutare in quale misura l’atto negoziale sia in grado di attribuire la disponibilità – rilevante ai fini della confisca per equivalente – delle somme depositate sui conti correnti, o utilizzabili mediante i rapporti bancari.

La delega non dimostra di per sé l’esistenza del potere di esercitare autonomamente le facoltà del proprietario o del possessore delle somme; il mandato implica un dovere di rendere conto, al titolare delle somme, dell’attività svolta dal delegato. Ove la delega sia caratterizzata da limiti fissati dal delegante, dovrà essere valutato se quei limiti costituiscano già ostacolo nell’ipotizzare che mediante quello strumento negoziale il delegato possa di fatto esercitare i poteri delegante.

Anche ove la delega non sia caratterizzata da limiti, a tale documento devono affiancarsi ulteriori elementi di fatto che possano fondare il giudizio (di ragionevole probabilità, considerata la sede incidentale in cui esso deve essere formulato e la finalità cui è diretto) circa la disponibilità delle somme su cui il delegato possa operare.

La delega a operare su conto corrente intestato a genitore anziano si configura come situazione abbastanza frequente, senza che ciò imponga il possesso delle somme di denaro.

E in conclusione tale delega non può essere ritenuta sufficiente a provare la piena disponibilità delle somme, dovendosi ai fini del sequestro del conto dimostrare in concreto che l’indagato abbia utilizzato i fondi per fini suoi personali o abbia eseguito operazioni estranee alle esigenze di vita del genitore.

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Reati ambientali: delega di funzioni e obbligo di vigilanza del delegante

rifiuti reati ambientali delega funzioniIn una vicenda inerente reati ambientali (deposito temporaneo di rifiuti ai sensi dell’art. 256 co. 2 d.lgs 152/2006) la S.C. di Cassazione Sezione III penale con sentenza 15941/2020 depositata il 27.5.2020 effettua importanti precisazioni sull’efficacia scriminante della delega di funzioni.
In particolare viene affermato che benché la disciplina normativa in tema di gestione dei rifiuti e di obblighi, anche penalmente sanzionati, che gravano sui soggetti produttori e smaltitori non codifichi espressamente l’istituto della delega di funzioni, la Corte, in analogia ai principi affermati con riguardo ai reati commessi con la violazione delle disposizioni in materia di igiene e prevenzione degli infortuni sul lavoro, ne ha da tempo riconosciuto l’efficacia, precisandone anche gli stringenti requisiti di validità. Si è così affermato che, in materia ambientale, per attribuirsi rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni, è necessaria la compresenza di precisi requisiti:
a) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale;
b) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli;
c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa;
d) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa;
e) l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo (Sez. 3, n. 6420 del 07/11/2007, dep. 2008, Girolimetto, Rv. 238980).
Questi principi – sostanzialmente analoghi a quelli successivamente delineati dal legislatore nell’art. 16 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, con riguardo alla delega di funzioni da parte del datore di lavoro in ordine all’adozione delle misure di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori – vengono invocati dalla S.C. anche in tema di reati ambientali.
Proprio l’analogia con l’istituto fatto oggetto di espressa codificazione, poi, impone di estendere anche alla delega in materia di attuazione delle disposizioni sulla gestione dei rifiuti l’obbligo di vigilanza del delegante «in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite» (art. 16, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008). Si tratta, invero, di una conseguenza connaturata al sistema di responsabilità delineato dalla legge, in termini non dissimili, in capo a chi professionalmente svolga attività costituenti fonte di rischio per beni primari che formano peraltro oggetto di protezione costituzionale, come l’ambiente in senso lato (art. 9, secondo comma, Cost.), la salute (art. 32 Cost.), l’utilità sociale e la sicurezza (art. 41, secondo comma, Cost.), la tutela del suolo (art. 44 Cost.). La posizione di garanzia attribuita dalla legge ai soggetti titolari d’impresa rispetto alla protezione di tali beni nello svolgimento delle attività economiche, la natura contravvenzionale ed il conseguente titolo d’imputazione anche soltanto colposo dei reati posti a presidio di tali beni non consentono di ritenere che l’imprenditore possa chiamarsi fuori dalle responsabilità nei suoi confronti previste (in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, come di gestione dei rifiuti) limitandosi a delegare ad altri l’adempimento degli specifici obblighi di legge, senza vigilare sul corretto espletamento delle funzioni trasferite. Di qui la permanenza della responsabilità penale del delegante che, in caso di commissione di reati colposi da parte del delegato, non abbia ottemperato all’obbligo di vigilanza e controllo (per l’affermazione di tali principi in materia di infortuni sul lavoro, v. Sez. 4, n. 24908 del 29/01/2019, Ferrari, Rv. 276335; Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, Zugno e aa., Rv. 256878).
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