Responsabilità della scuola per l’infortunio dell’alunno

 

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L’istituto scolastico, e quindi il Ministero dell’Istruzione, è tenuto al risarcimento dello studente che si infortuna durante l’ora di educazione motoria qualora non dimostri la presenza di una causa ad esso non imputabile e tale da liberarlo dall’obbligo di risarcire l’alunno.

Infatti, mentre è onere del danneggiato attore dimostrare che l’incidente si è verificato durante la lezione di ginnastica a causa della mancata sorveglianza richiesta all’istituto scolastico, l’istituto scolastico deve invece dimostrare di aver diligentemente sorvegliato in modo da impedire il fatto e che l’evento dannoso è stato determinato da una causa imputabile né alla scuola né all’insegnante, non essendo sufficiente affermare, senza dimostrarlo, che l’incidente sia avvenuto in maniera improvvisa, non prevedibile e non evitabile, imputabile all’intemperanza dell’allievo e alla naturale competizione durante una partita.

Il fatto che genera il danno è l’inadempimento dell’obbligo di vigilare sulla sicurezza dell’alunno nell’intervallo di tempo in cui questo ha fruito della prestazione scolastica, ossia durante la lezione di educazione fisica.

E’ quanto affermato dalla S.C. di Cassazione, Sezione III civile, con ordinanza 35281/2021.

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Reati ambientali: delega di funzioni e obbligo di vigilanza del delegante

rifiuti reati ambientali delega funzioniIn una vicenda inerente reati ambientali (deposito temporaneo di rifiuti ai sensi dell’art. 256 co. 2 d.lgs 152/2006) la S.C. di Cassazione Sezione III penale con sentenza 15941/2020 depositata il 27.5.2020 effettua importanti precisazioni sull’efficacia scriminante della delega di funzioni.
In particolare viene affermato che benché la disciplina normativa in tema di gestione dei rifiuti e di obblighi, anche penalmente sanzionati, che gravano sui soggetti produttori e smaltitori non codifichi espressamente l’istituto della delega di funzioni, la Corte, in analogia ai principi affermati con riguardo ai reati commessi con la violazione delle disposizioni in materia di igiene e prevenzione degli infortuni sul lavoro, ne ha da tempo riconosciuto l’efficacia, precisandone anche gli stringenti requisiti di validità. Si è così affermato che, in materia ambientale, per attribuirsi rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni, è necessaria la compresenza di precisi requisiti:
a) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale;
b) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli;
c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa;
d) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa;
e) l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo (Sez. 3, n. 6420 del 07/11/2007, dep. 2008, Girolimetto, Rv. 238980).
Questi principi – sostanzialmente analoghi a quelli successivamente delineati dal legislatore nell’art. 16 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, con riguardo alla delega di funzioni da parte del datore di lavoro in ordine all’adozione delle misure di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori – vengono invocati dalla S.C. anche in tema di reati ambientali.
Proprio l’analogia con l’istituto fatto oggetto di espressa codificazione, poi, impone di estendere anche alla delega in materia di attuazione delle disposizioni sulla gestione dei rifiuti l’obbligo di vigilanza del delegante «in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite» (art. 16, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008). Si tratta, invero, di una conseguenza connaturata al sistema di responsabilità delineato dalla legge, in termini non dissimili, in capo a chi professionalmente svolga attività costituenti fonte di rischio per beni primari che formano peraltro oggetto di protezione costituzionale, come l’ambiente in senso lato (art. 9, secondo comma, Cost.), la salute (art. 32 Cost.), l’utilità sociale e la sicurezza (art. 41, secondo comma, Cost.), la tutela del suolo (art. 44 Cost.). La posizione di garanzia attribuita dalla legge ai soggetti titolari d’impresa rispetto alla protezione di tali beni nello svolgimento delle attività economiche, la natura contravvenzionale ed il conseguente titolo d’imputazione anche soltanto colposo dei reati posti a presidio di tali beni non consentono di ritenere che l’imprenditore possa chiamarsi fuori dalle responsabilità nei suoi confronti previste (in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, come di gestione dei rifiuti) limitandosi a delegare ad altri l’adempimento degli specifici obblighi di legge, senza vigilare sul corretto espletamento delle funzioni trasferite. Di qui la permanenza della responsabilità penale del delegante che, in caso di commissione di reati colposi da parte del delegato, non abbia ottemperato all’obbligo di vigilanza e controllo (per l’affermazione di tali principi in materia di infortuni sul lavoro, v. Sez. 4, n. 24908 del 29/01/2019, Ferrari, Rv. 276335; Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, Zugno e aa., Rv. 256878).
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Vigilanza del proprietario della strada sui terreni dei privati

albero in strada obbligo vigilanza enteL’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, benché non abbia la custodia dei fondi privati che la fiancheggiano e, quindi, non sia tenuto alla loro manutenzione, ha l’obbligo di vigilare affinché dagli stessi non sorgano situazioni di pericolo per gli utenti della strada, nonché – ove, invece, esse si verifichino – quello di attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere, sicché è in colpa, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1176 c.c., comma 2 e art. 2043 c.c., qualora, pur potendosi avvedere con l’ordinaria diligenza della situazione di pericolo, non l’abbia innanzitutto segnalata ai proprietari del fondo, né abbia adottato altri provvedimenti cautelativi, ivi compresa la chiusura della strada alla circolazione.
Infatti, in tema di circolazione stradale è dovere primario dell’ente proprietario della strada (e dell’Anas, in relazione alle strade e autostrade che le sono affidate e in relazione alle quali esercita i diritti e i poteri attribuiti all’ente proprietario) garantirne la sicurezza mediante l’adozione delle opere e dei provvedimenti necessari. Ne consegue che sussiste la responsabilità di detto ente in relazione agli eventi lesivi occorsi ai fruitori del tratto stradale da controllare, anche nei casi in cui l’evento lesivo trova origine nella cattiva o omessa manutenzione dei terreni laterali alla strada, ancorché appartenenti a privati, atteso che è comunque obbligo dell’ente verificare che lo stato dei luoghi consenta la circolazione dei veicoli e dei pedoni in totale sicurezza.
Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. III civile, con l’ordinanza 9 marzo 2020, n. 6651 (scarica l’ordinanza integrale).