Tutela del whistleblowing: prime pronunce

Interessante sentenza della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano in tema di tutela del lavoratore che abbia segnalato comportamenti illeciti.

Come noto, il recente d.lgs. 24/2023 ha stabilito le misure di tutela dei c.d. “whistleblower”, ossia coloro che denuncino ai prescritti canali interni ovvero alle autorità esterne deputate alla ricezione di tali segnalazioni, illeciti amministrativi, civili e penali, condotte illecite rilevanti ai fini della responsabilità amministrative dell’ente ex d.lgs. 231/2001 e altri illeciti che ledono gli interessi tutelati dalla UE, che vengano commessi nell’ambito della attività d’impresa.

Il decreto citato vieta ogni misura ritorsiva nei confronti del c.d. segnalante o “whistleblower” e all’art. 17 sancisce espressamente che costituiscono (a titolo esemplificativo e non esaustivo) ritorsioni:

  1. il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;
  2. la retrocessione di grado o la mancata promozione;
  3. il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;
  4. la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;
  5. le note di merito negative o le referenze negative;
  6. l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;
  7. la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;
  8. la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;
  9. la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;
  10. il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
  11. i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;
  12. l’inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l’impossibilità per la persona di trovare un’occupazione nel settore o nell’industria in futuro;
  13. la conclusione anticipata o l’annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi;
  14. l’annullamento di una licenza o di un permesso;
  15. la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.

In questo contesto, il Tribunale di Milano con provvedimento del 20.8.2023 ha sospeso ogni provvedimento disciplinare irrogato da una società a un dipendente che aveva effettuato una serie di segnalazioni, prima informalmente e poi formalmente, ad organi di controllo e di garanzia della società nonché al sindaco di Milano in relazione alla vicenda, poi divenuta di pubblico dominio, dei “biglietti clonati”, vale a dire il sistema creato da alcuni dipendenti infedeli per generare e vendere ” in nero” biglietti e abbonamenti non registrati dai sistemi informatici e, dunque, nemmeno contabilizzati con la correlativa perdita di somme ingentissime da parte della società datrice di lavoro e del Comune di Milano.

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Linee guida ANAC in tema di whistleblowing

Con l’efficacia dal 15 luglio del decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24 che ha recepito in Italia la Direttiva UE riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, i cosiddetti whistleblower, entrano in vigore le nuove Linee guida Anac volte a dare indicazioni per la presentazione all’Autorità delle segnalazioni esterne e per la relativa gestione.

Le nuove Linee Guida forniscono indicazioni e princìpi di cui gli enti pubblici e privati possono tener conto per i propri canali e modelli organizzativi interni, su cui Anac si riserva di adottare successivi atti di indirizzo.

Pubblicato anche il nuovo  Regolamento per la gestione delle segnalazioni esterne e per l’esercizio del potere sanzionatorio Anac.

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Whistleblowing, pubblicato il d.lgs. 24 del 16.3.2023

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il d.lgs. n. 24 del 10 marzo 2023 che entrerà in vigore il 15 luglio 2023 (è prevista una proroga al 17 dicembre 2023 per i datori di lavoro privati che nell’ultimo anno abbiamo impiegato una media di 249 lavoratori subordinati, a tempo determinato o indeterminato).

La normativa è applicabile a tutti i soggetti, pubblici e privati, indipendentemente dall’adozione di un modello organizzativo ex d.lgs 231/2001 per la prevenzione di reati in azienda.

I canali di segnalazione possono essere tre, interno, esterno e pubblico, ma negli enti privati con meno di cinquanta dipendenti è prevista la sola possibilità della segnalazione interna. Dunque, dovranno obbligatoriamente attivare il canale di segnalazione interno i soggetti privati che:

  • abbiano impiegato in media nell’ultimo anno almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
  • rientrino nell’ambito di applicazione delle norme in materia di servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori subordinati;
  • abbiano adottato modelli di organizzazione e gestione ex D.lgs. 231/2001, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori subordinati.

Le segnalazioni potranno essere effettuate con quattro modalità:

  • In forma scritta;
  • In forma orale, con un incontro di persona con personale addetto;
  • Tramite linee telefoniche o altri sistemi di messaggistica vocale registrati o non registrati (in questo ultimo caso le conversazioni dovranno essere trascritte e firmate);
  • Attraverso la piattaforma informatica messa a disposizione da Anac (Autorità Nazionale Anti Corruzione) per la segnalazione esterna;

Tutti coloro che effettuano segnalazioni di violazioni del diritto dell’Unione da parte dell’ente di appartenenza, nell’ambito della propria attività, che siano dipendenti o collaboratori, lavoratori autonomi o subordinati, liberi professionisti, volontari, tirocinanti (anche non retribuiti), gli azionisti, gli amministratori, direttori e coloro che operano con funzioni di vigilanza, controllo e rappresentanza, hanno diritto alle tutele previste dal decreto.

Ai sensi dell’art. 17 del decreto, infatti, nessuno può subire, per il fatto di aver segnalato un illecito, ritorsioni di alcun tipo, tra cui:

  • licenziamento, sospensione;
  • retrocessione di grado o mancata promozione;
  • mutamento di funzioni, cambiamento del luogo di lavoro, riduzione dello stipendio, modifica dell’orario di lavoro;
  • sospensione della formazione;
  • note di merito negative;
  • adozione di misure disciplinari o di altra sanzione anche pecuniaria;
  • coercizione, intimidazione, molestie o ostracismo;
  • discriminazione o comunque trattamento sfavorevole;
  • mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;
  • mancato rinnovo o risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
  • danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;
  • annullamento di una licenza o di un permesso;
  • richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.

La protezione dei whistleblowers prevede tra l’altro il divieto di rivelarne l’identità senza il suo consenso a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni ed anche nell’ambito di procedimenti disciplinari a carico del segnalato.

Se il segnalatore subisce una ritorsione o in altri casi di violazione della normativa, l’Anac potrà applicare sanzioni amministrative pecuniarie da 10.000,00 a 50.000,00 euro; si applicherà la sanzione anche nei casi in cui venga accertato che una segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza, oppure se l’Autorità accerti che non sono stati istituiti canali di segnalazione e che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni. Infine, qualora si accerti la responsabilità del segnalante per i reati di diffamazione e calunnia, è prevista la sanzione da 500,00 a 2.500,00 euro.

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