Il condomino che non paga la propria quota di lavori di ristrutturazione non può dolersi di non poter usufruire delle detrazioni fiscali.
Lo ha stabilito la S.C. di Cassazione Sezione VI civile con sentenza 10845/2020 dell’8.6.2020 affermando che è imputabile al condomino il ritardo nella partecipazione delle spese e la conseguente impossibilità di documentare le stesse allo scopo di poter beneficiare delle detrazioni fiscali.
Il singolo condomino che, in ipotesi di lavori eseguiti su parti condominiali, non abbia in concreto provveduto ai relativi pagamenti, contestando la sussistenza del proprio obbligo di contribuzione (nella specie, per essere state le opere di manutenzione commissionate da altri comproprietari, in mancanza di un amministratore), e non si sia potuto perciò avvalere delle detrazioni in ragione della spesa sostenuta per l’intervento edilizio, in forza dell’art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, non può accampare alcuna pretesa risarcitoria nei confronti dell’intero condominio, essendo stato proprio l’inadempimento dell’interessato la causa che ha determinato la perdita della facoltà di detrarre il relativo costo dall’imposta sul reddito delle persone fisiche.
E a nulla può valere il contenuto della “guida fiscale alle ristrutturazioni edilizie dell’Agenzia delle Entrate”, o delle circolari ministeriali, atti che non costituiscono fonti normative, ma prassi amministrative, dalle quali non discendono perciò diritti ed obblighi, per dedurre l’esistenza di un obbligo di preventivo invio della comunicazione di inizio lavori e della delibera assembleare di approvazione dell’intervento sulle parti comuni e ripartizione spese, al fine di poter fruire delle agevolazioni fiscali.
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Mese: Giugno 2020
Sul ritardo aereo causato da passeggero molesto
Nella sentenza Transportes Aéreos Portugueses (C-74/19), pronunciata l’11 giugno 2020, la Corte ha precisato le nozioni di «circostanze eccezionali» e di «misure ragionevoli» ai sensi del regolamento n. 261/2004 1 («regolamento sui diritti dei passeggeri aerei»).
Dopo aver rilevato che il comportamento molesto di un passeggero che ha causato il dirottamento dell’aeromobile mette effettivamente in discussione la sicurezza del volo di cui trattasi, la Corte ha ritenuto, da un lato, che il comportamento in questione non sia inerente al normale esercizio dell’attività del vettore aereo. Dall’altro, un simile comportamento non è, in linea di principio, controllabile da quest’ultimo, dal momento che, in primo luogo, il comportamento di un passeggero e le sue reazioni alle richieste dell’equipaggio non sono prevedibili e, in secondo luogo, a bordo di un aeromobile il comandante e l’equipaggio dispongono soltanto di mezzi limitati per controllare un simile comportamento.
Tuttavia, la Corte ha precisato che il comportamento di cui trattasi non può considerarsi sottratto all’effettivo controllo del vettore aereo operativo interessato, e non può pertanto essere qualificato come «circostanza eccezionale», se risulta che il vettore ha contribuito al verificarsi del comportamento o se era stato in grado di prevederlo e di adottare le misure adeguate in un momento in cui poteva farlo senza conseguenze significative sullo svolgimento del volo in questione, basandosi su segni precursori di un simile comportamento. Ciò può verificarsi, in particolare, nel caso in cui il vettore aereo operativo abbia proceduto all’imbarco di un passeggero che presentava turbe del comportamento già prima dell’imbarco oppure durante l’imbarco stesso.
Pertanto, a determinate condizioni, il comportamento molesto di un passeggero che ha causato il dirottamento dell’aeromobile, dando luogo al ritardo del volo, costituisce una «circostanza eccezionale» e che un vettore aereo operativo può avvalersi di tale «circostanza eccezionale» che ha interessato non il volo cancellato o ritardato, bensì un precedente volo operato dal vettore medesimo con lo stesso aeromobile.
La Corte ha altresì considerato che il riavviamento di un passeggero da parte del vettore aereo con il volo successivo operato dal vettore medesimo e che fa sì che tale passeggero arrivi all’indomani del giorno inizialmente previsto costituisce una «misura ragionevole» che esonera tale vettore dal suo obbligo di compensazione pecuniaria solo in presenza di determinate condizioni.
Scarica qui il comunicato della Corte relativo alla sentenza C-74-19.
Diminuzione di valore del credito ceduto
Negli ultimi anni si sta diffondendo sempre di più il fenomeno della cessione dei crediti, garantiti e non garantiti, soprattutto in ambito bancario.
Nella valorizzazione di detti crediti in sede di cessione, la solvenza del debitore e la garanzia del credito ceduto rivestono – come ovvio – particolare importanza.
Laddove tali garanzie siano state dichiarate presenti ma al contrario siano scadute, di minor valore o addirittura inesistenti, si pone il problema dell’inadempimento contrattuale del contratto di cessione.
Con sentenza 11583/2020 del 15.6.2020 la S.C. di Cassazione Sezione III civile ha dichiarato che nel caso di cessione del credito nominalmente assistito da una garanzia reale, qualora quest’ultima risulti nulla, prescritta, estinta o di grado inferiore rispetto a quello indicato dal cedente, il cessionario può agire nei confronti di quest’ultimo ancor prima di aver escusso il debitore ceduto, chiedendo il risarcimento del danno da inadempimento, senza necessità di domandare la risoluzione della cessione, poiché una diminuzione delle garanzie è in sé causativa di un danno patrimoniale immediato ed attuale, corrispondente alla diminuzione del valore di circolazione del credito.
La liquidazione del danno da diminuzione del valore di circolazione del credito ceduto, derivante dalla mancanza di una garanzia reale promessa dal cedente, deve essere parametrata, con giudizio necessariamente equitativo, alla maggiore prevedibile perdita in caso di insolvenza. Tuttavia, qualora il cessionario abbia già riscosso il credito in sede esecutiva e sia rimasto insoddisfatto, la liquidazione del danno per il vizio che rende impossibile escutere la garanzia non può avvenire più secondo un criterio prospettico, ma corrisponde in concreto alla minor somma fra la parte del credito rimasta insoddisfatta e l’importo ulteriore che il creditore avrebbe potuto riscuotere in sede esecutiva se egli avesse potuto espropriare il bene che avrebbe dovuto essere oggetto dell’ipoteca mancante.
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Sul difetto di imputabilità del minore infraquattordicenne
L’art. 26 del DPR 448/1988 dispone che “In ogni stato e grado del procedimento il giudice, quando accerta che l’imputato è minore degli anni quattordici, pronuncia, anche di ufficio, sentenza di non luogo a procedere trattandosi di persona non imputabile”.
Tale norma processuale è strettamente collegata all’art. 97 c.p. che, sancisce una presunzione assoluta di incapacità di intendere e di volere nei confronti del minore che non abbia compiuto quattordici anni al momento del fatto.
Tale norma, pur dettata dal necessario favore nei confronti del minore, al fine di evitare la permanenza dell’infraquattordicenne nel procedimento penale, ha tuttavia alcune conseguenze negative, ossia:
1) da una parte l’iscrizione del relativo provvedimento nel casellario giudiziale, fino al compimento della maggiore età,
2) la possibile adozione di una misura di sicurezza personale, anche in via provvisoria.
Può essere pertanto interesse del minore poter dedurre la propria estraneità alla commissione del reato.
Sulla base di quanto sopra, la S.C. di Cassazione con sentenza 11541/2020 del 7.4.2020 ha dichiarato che, nell’ambito del procedimento penale minorile la sentenza di non luogo a procedere per difetto d’imputabilità del minore infraquattordicenne, non può essere emessa de plano ma deve essere preceduta dalla celebrazione dell’udienza preliminare, al fine di assicurare il diritto di difesa e il principio del contraddittorio.
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save the date: 2 luglio 2020 ore 18.00 webinar RISCHI E RESPONSABILITÀ NELL’ERA COVID-19
SAVE THE DATE
Webinar gratuito
RISCHI E RESPONSABILITÀ NELL’ERA COVID-19
2 luglio 2020 ore 18.00
Nuove e vecchie responsabilità per gli amministratori e i datori di lavoro e idonee coperture assicurative
L’emergenza Covid-19 ci ha fatto riflettere sulle responsabilità (vecchie e nuove) degli amministratori di società, dei datori di lavoro e degli imprenditori in genere.
Trattasi di responsabilità di natura civile, penale e amministrativa.
Accanto a una buona assistenza legale esistono coperture assicurative idonee per questo tipo di rischi.
Si pensi ai rischi derivanti dagli adempimenti in tema di sicurezza sul lavoro di cui al d. lgs. 81/2008, alla responsabilità degli enti ex d.lgs. 231/2001, alle responsabilità connesse al trattamento dei dati personali, agli adempimenti imposti dal T.U. dell’Ambiente. Ma non sono da meno anche le responsabilità connesse all’igiene degli alimenti (HACCP), all’antiriciclaggio, alle violazioni tributarie.
Si passeranno in rassegna alcuni profili di responsabilità gestoria e la loro possibile copertura con idonei prodotti assicurativi.
I relatori
Avv. Roberto Redaelli – avvocato in Milano – Arclex Avvocati Associati
Avv Alberto Carmeli – avvocato in Milano – Arclex Avvocati Associati
Avv. Alessandro Cremonesi – avvocato in Milano – Arclex Avvocati Associati
Dott. Andrea Recanati – Agente Assicurativo – Agenzia Futura S.r.l.
I temi trattati
Avv. Roberto Redaelli –responsabilità penali e responsabilità degli enti ex d.lgs 231/2001
Avv Alberto Carmeli – le responsabilità del datore di lavoro in ambito giuslavoristico
Avv. Alessandro Cremonesi – le responsabilità degli amministratori in ambito civilistico
Dott. Andrea Recanati – i rischi assicurabili, i tipi di polizze e la copertura della tutela legale
Il webinar si terrà online tramite la piattaforma Zoom. Prima dell’incontro, a tutti gli iscritti al webinar verrà inviata una email con il link per effettuare il collegamento.
Alla fine dell’incontro ci sarà una sessione Q&A (domande e risposte) che i partecipanti potranno sottoporre ai relatori.