Nel caso di un medico imputato di omicidio colposo per la morte di un paziente per non aver prescritto e somministrato al paziente la terapia consigliata dalle linee guida (una terapia antitrombotica che, se tempestivamente effettuata, avrebbe evitato l’esito fatale), la Suprema Corte di Cassazione Sezione IV penale con sentenza 4-16.3.2020 n. 10175 ha ricordato che nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva, mentre l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante dell’omissione dell’agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo comportano l’esito assolutorio del giudizio (Sezioni Unite, n. 30328 del 10/07/2002 ud. – dep. 11/09/2002, Rv. 222139 – 01).
Si è, tuttavia precisato che il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana (nella specie: l’effetto salvifico delle cure omesse), deve fondare non solo su affidabili informazioni scientifiche ma anche sulle contingenze significative del caso concreto, dovendosi comprendere: a) qual è solitamente l’andamento della patologia in concreto accertata; b) qual è normalmente l’efficacia delle terapie; c) quali sono i fattori che solitamente influenzano il successo degli sforzi terapeutici
In sostanza il giudizio controfattuale non può basarsi solo sul mero dato statistico astratto, ma deve considerare il caso concreto.
Pertanto il medico deve sempre valutare il caso concreto per decidere se optare per una terapia diversa rispetto a quella prevista dalle linee guida. Esse, infatti, essendo elaborate in via astratta, non possono esaurire tutte le situazioni concrete.
In base a quanto sopra, la Cassazione conclude affermando che “l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante dell’omissione dell’agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo comportano l’esito assolutorio del giudizio”.
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Modello organizzativo 231/2001 e DVR
La sezione IV penale della S.C. di Cassazione con sentenza n. 3731/2020 (scarica il testo integrale) ha affermato che, con riferimento all’adozione dei modello organizzativo 231/2001, non è sufficiente addurre, ai fini di una mitigazione o esenzione della responsabilità della società, in tema del rispetto delle norme a tutela dei lavoratori, l’efficacia di un documento di valutazione dei rischi (c.d. DVR) in quanto “è cosa diversa dal richiamato modello organizzativo”.
La S.C., pertanto conclude affermando che, dimostrando l’esistenza di un DVR ma non avendo documentato l’adozione di un modello organizzativo ai sensi del D.Lgs. 231/2001, non è possibile invocare l’efficacia esimente della responsabilità “amministrativa” delle persone giuridiche.