Non spetta al danneggiato dare la prova dell’insidia o del trabocchetto, e in particolare dell’anomalia della strada, incombendo viceversa al proprietario di strade pubbliche (v. Cass., 9/6/2016, n. 11802) dare la c.d. prova liberatoria, dimostrando cioè di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire ed impedire che il bene demaniale presenti per l’utente una situazione di pericolo occulto produttiva di danno a terzi, con Io sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, al fine di fare in sostanza valere la propria mancanza di colpa (v. già Cass., 11/3/2006, n. 5445, e, conformemente, Cass., 20/2/2009, n. 4234); e, se del caso, invocare il concorso di colpa del danneggiato (per la compatibilità tra la responsabilità della P.A. ex art. 2043 c.c. per c.d. insidia stradale ed il concorso colposo del danneggiato ex art. 1227, 10 co., c.c., cfr. Cass., 3/12/2002, n. 17152; Cass., 1/1/2004, n. 19653).
Il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione della cosa in custodia, o di sue pertinenze, invocando la responsabilità del custode è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto (cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651).
Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e della relativa derivazione dalla cosa in custodia, e può essere data anche con presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato “anomalo”, e cioè dell’obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno (cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651).
Il custode al contrario è tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto ) nonché in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile i né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso.
Deve cioè dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative (nel caso -come detto – art. 14 CdS), e già del principio generale del neminem laedere (v. Cass. 20/2/2006, n. 3651).
Lo ha deciso la S.C. di Cassazione, Sezione III civile con ordinanza 11096 del 10.6.2020 (scarica qui l’ordinanza integrale).