La Corte Costituzionale con sentenza 33 del 9.3.2021 invita il legislatore a un doveroso intervento in tema di maternità surrogata.
Viene affermato l’interesse superiore del minore a veder riconosciuto il legame di filiazione anche con il genitore non biologico, e il necessario bilanciamento con la finalità dell’ordinamento a disincentivare il ricorso alla pratica della maternità surrogata, penalmente rilevante.
In particolare la Consulta è stata investita della questione di legittimità costituzionale degli articoli 12 co. 6 L. 40/2004 (norme in materia di procreazione medicalmente assistita), dell’ art. 64 co. 1 lett. g delle norme di diritto internazionale privato e dell’art. comma 12 del regolamento sullo stato civile (L. 127/95) perché il combinato disposto delle predette norme non consente il riconoscimento e l’esecutività del provvedimento straniero di inserimento del genitore d’intenzione nell’atto di stato civile di un minore procreato con maternità surrogata.
Le questioni rilevanti erano sostanzialmente:
- quella dello stato civile dei bambini nati con la pratica della maternità surrogata, non permessa dalla legislazione italiana;
- quella del riconoscimento giuridico del legame del bambino con il genitore non biologico.
La Corte ha ricordato che già le Sezioni Unite con sentenza 12193/2019 si erano pronunciate escludendo il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento straniero con cui sia stato dichiarato il rapporto di filiazione tra il bambino nato con maternità surrogata e il genitore d’intenzione, per contrarietà a norme di ordine pubblico (la surrogazione di maternità è punita penalmente in Italia).
La Corte Costituzionale conferma tale impostazione affermando che la maternità surrogata, “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”.
La Corte conclude tuttavia con un invito al legislatore ad una “ormai indifferibile individuazione delle soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore”.