Trattazione congiunta dei procedimenti prefallimentari

fallimento e concordatoLa Prima Sezione civile della S.C. di Cassazione con sentenza 4343/2020 ha sottolineato la necessità di trattazione congiunta dei procedimenti prefallimentari o volti alla soluzione negoziale della crisi di impresa, sancendo che:
i) «La domanda di concordato preventivo ed il procedimento prefallimentare debbono essere coordinati in modo da garantire che la soluzione negoziale della crisi, ove percorribile, sia preferita al fallimento. Pertanto, ove siano contemporaneamente pendenti dinanzi ad uno stesso ufficio giudiziario, gli stessi possono essere riuniti ex art. 273 c.p.c., anche di ufficio, consentendo una siffatta riunione di raggiungere l’obiettivo della gestione coordinata»;
ii) «Ove la domanda di concordato preventivo ed il procedimento prefallimentare siano pendenti dinanzi ad uffici giudiziari diversi, ferma la regola della continenza ex art. 39, comma 2, c.p.c., è onere del debitore che conosce della pendenza dell’istruttoria prefallimentare, anteriormente introdotta, proporre la domanda di concordato preventivo dinanzi al tribunale investito dell’istanza di fallimento, anche quando lo ritenga incompetente, affinché i due procedimenti confluiscano dinanzi al medesimo tribunale, e senza che una siffatta condotta determini acquiescenza ad una eventuale violazione dell’art. 9 l.fall..»;
iii) «Allorquando l’istanza di fallimento sia stata depositata dinanzi ad un ufficio giudiziario diverso da quello innanzi al quale sia già pendente una domanda di concordato preventivo, l’obiettivo della gestione coordinata dei due procedimenti può essere conseguito sollecitando il tribunale successivamente adito all’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 39, comma 2, l.fall., che in ogni caso, in ossequio ai principi generali, e vieppiù nell’ottica di garantire preferibilmente la soluzione negoziale della crisi, debbono essere adottati anche di ufficio»;
iv) «Ove la domanda di concordato preventivo ed il procedimento prefallimentare siano pendenti dinanzi ad uffici giudiziari diversi, è onere del debitore impugnare, nei limiti in cui ciò sia consentito, tutti i provvedimenti adottati, anche in rito, che possano ostacolare il preliminare esame della domanda di concordato preventivo da lui proposta, atteso che l’eventuale accoglimento del reclamo ex art. 18 l.fall. contro la sentenza di fallimento, di cui si pretenda l’illegittimità a causa del mancato preventivo esame della domanda concordataria, presuppone che quest’ultima sia ancora sub iudice».
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Nei primi sei mesi spetta al venditore provare la conformità dell’auto

vendita difetti autoLa S.C. di Cassazione, Sezione II civile, con sentenza n. 13148 del 30.6.2020, pronunciata in un caso di vendita di una automobile, ha dichiarato che si presume che i difetti di conformità, che si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene, siano sussistenti già a tale data, sicché è onere del consumatore allegare la sussistenza del vizio, gravando sulla controparte l’onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita. Superato il suddetto termine, trova nuovamente applicazione la disciplina generale posta in materia di onere della prova posta dall’art. 2697 c. c.
Entro sei mesi dalla vendita grava, quindi, sul consumatore il solo onere di denunciare il difetto di conformità, che è da considerarsi assolto nel momento in cui egli comunichi tempestivamente al venditore l’esistenza del difetto di conformità, non occorrendo che venga altresì fornita la prova di tale difetto, né che venga indicata la causa precisa di tale difetto.
Infatti, risulterebbe troppo oneroso per il consumatore, in fase di presentazione della denuncia di non conformità del prodotto, assolvere l’onere probatorio mediante l’allegazione del vizio specifico da cui è affetto il prodotto, ciò che richiederebbe l’accesso a dati tecnici del prodotto nonché un’assistenza tecnica specializzata, che invece si trovano nella più agevole disponibilità del venditore ( e che a questi non sarebbe eccessivamente oneroso chiedere di apprestare in occasione della diagnosi della natura del difetto di conformità denunciato).
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Annullamento di ufficio della gara: nessun indennizzo per l’aggiudicatario

Consiglio-di-Stato-annullamento gara no indennizzoIn caso di annullamento dell’aggiudicazione provvisoria non spetta all’operatore economico l’indennizzo a titolo di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale e nemmeno il pagamento dell’indennizzo da revoca ex art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990.
Confermando tale principio il Consiglio di Stato con sentenza 3733/2020 depositata in data 11 giugno 2020, ha definito infondata la pretesa di indennizzo, in ordine a un provvedimento di annullamento ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 disposto in ragione dell’illegittimità della lettera di invito.
L’indennizzo infatti, risulta correlato solo alla revoca dell’aggiudicazione, per fare fronte al riequilibrio economico di un provvedimento intervenuto a “sanare” una inopportunità sopravvenuta o nell’esercizio dello ius poenitendi.
In ogni caso, prosegue il Consiglio di Stato, la giurisprudenza, nel precisare che l’indennizzo ex art. 21-quinquies deve essere limitato alle spese inutilmente sopportate per partecipare alla gara, ne ha sempre escluso l’applicabilità in caso di revoca di atti ad effetti instabili ed interinali, quali l’aggiudicazione provvisoria, ovvero, nel vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, una mera proposta di aggiudicazione, che non è provvedimento definitivo (in termini, tra le tante, Cons. stato, III, 21 gennaio 2013, n. 339).
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Il condomino non paga i lavori: niente detrazioni fiscali

condominio lavori detrazioneIl condomino che non paga la propria quota di lavori di ristrutturazione non può dolersi di non poter usufruire delle detrazioni fiscali.
Lo ha stabilito la S.C. di Cassazione Sezione VI civile con sentenza 10845/2020 dell’8.6.2020 affermando che è imputabile al condomino il ritardo nella partecipazione delle spese e la conseguente impossibilità di documentare le stesse allo scopo di poter beneficiare delle detrazioni fiscali.
Il singolo condomino che, in ipotesi di lavori eseguiti su parti condominiali, non abbia in concreto provveduto ai relativi pagamenti, contestando la sussistenza del proprio obbligo di contribuzione (nella specie, per essere state le opere di manutenzione commissionate da altri comproprietari, in mancanza di un amministratore), e non si sia potuto perciò avvalere delle detrazioni in ragione della spesa sostenuta per l’intervento edilizio, in forza dell’art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, non può accampare alcuna pretesa risarcitoria nei confronti dell’intero condominio, essendo stato proprio l’inadempimento dell’interessato la causa che ha determinato la perdita della facoltà di detrarre il relativo costo dall’imposta sul reddito delle persone fisiche.
E a nulla può valere il contenuto della “guida fiscale alle ristrutturazioni edilizie dell’Agenzia delle Entrate”, o delle circolari ministeriali, atti che non costituiscono fonti normative, ma prassi amministrative, dalle quali non discendono perciò diritti ed obblighi, per dedurre l’esistenza di un obbligo di preventivo invio della comunicazione di inizio lavori e della delibera assembleare di approvazione dell’intervento sulle parti comuni e ripartizione spese, al fine di poter fruire delle agevolazioni fiscali.
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