Le Sezioni Unite penali della S.C. di Cassazione si sono pronunciate con sentenza n. 12348 del 16 aprile 2020 (ud. 19.12.2019) se, ai fini della configurabilità del reato di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, sia sufficiente che la pianta, conforme al tipo botanico previsto, sia idonea, per grado di maturazione, a produrre sostanza per il consumo, non rilevando la qualità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ovvero se sia necessario verificare anche che l’attività sia concretamente idonea a ledere la salute pubblica ed a favorire la circolazione della droga alimentandone il mercato.
In particolare è stato statuito che il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile “indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza”, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi “escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica”, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore.
Clicca qui per leggere la sentenza integrale.
Categoria: Diritto penale
Cura Italia è legge. Decisa l’autodichiarazione di fase 2
Il decreto “Cura Italia” n. 18/2020 è stato convertito in legge con modificazioni.
L’autodichiarazione della c.d. fase 2, utilizzabile dal 4 maggio, non prevede di barrare l’opzione della visita ai congiunti. Occorrerà specificare tale finalità di spostamento nel campo “a questo riguardo dichiara che…”.
Scarica qui:
– la legge di conversione 27 del 24.4.2020 in Gazzetta Ufficiale 110 del 29.4.2020;
– il testo coordinato del decreto convertito;
– il testo dell’autodichiarazione.
Applicazione tracciamento anti-contagio e rinvio della riforma intercettazioni
Nella giornata di ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato un Decreto Legge con cui all’art. 6 ha introdotto l’istituzione di “una piattaforma per il tracciamento dei contatti stretti tra i soggetti che installino, su base volontaria, un’apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile” che sia “complementare rispetto alle ordinarie modalità già in uso da parte del Servizio sanitario nazionale”.
E’ stato stabilito che il Ministero adotterà misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato ai rischi elevati per i diritti e le libertà degli interessati, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, assicurando, in particolare:
– l’adozione di misure di sicurezza in tema di dati personali;
– l’obbligo di preventiva informativa chiara e trasparente;
– l’utilizzo dei dati per la sola finalità di evitare contatti con utenti positivi e assicurare assistenza sanitaria;
– l’anonimizzazione e pseudonimizzazione dei dati, con esclusione della geo-localizzazione dei singoli utenti;
– la riservatezza, l’integrità, la disponibilità e la resilienza dei sistemi e dei servizi di trattamento nonché misure adeguate ad evitare il rischio di reidentificazione degli interessati cui si riferiscono i dati pseudonimizzati oggetto di trattamento;
– conservazione per la sola durata stabilita dal Ministero della salute, con cancellazione automatica alla scadenza;
– divieto di utilizzo per finalità diverse, salvo l’utilizzo in forma aggregata e anonima;
– garanzia dei diritti fondamentali dei soggetti interessati in caso di mancato utilizzo dell’applicazione;
– la realizzazione della piattaforma con infrastrutture sul territorio nazionale e gestione da parte di enti pubblici o a partecipazione pubblica;
– l’interruzione dell’utilizzo della piattaforma e di ogni trattamento dei dati alla cessazione dello stato di emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, con cancellazione o anonimizzazione dei dati a tale data.
Il medesimo Decreto ha anche, tra l’altro, stabilito che la nuova normativa in materia di intercettazioni si applicherà ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, anziché, come attualmente previsto, a quelli iscritti dopo il 30 aprile 2020.
Scarica qui il comunicato stampa del Governo e il testo del decreto.
Diffamazione a mezzo stampa: il criterio del “lettore medio”
Nell’ipotesi diffamazione a mezzo stampa contestata al direttore responsabile di una testata, l’assenza di offensività della pubblicazione agli occhi del “lettore medio”, esclude il reato di cui all’art. 595 c.p. e conseguentemente quello di cui all’art. 57 c.p.
Con “lettore medio” si deve intendere colui che “sulla base di tutti gli elementi contenuti nella pubblicazione in contestazione, senza effettivi sforzi o particolare arguzia”, sia “perfettamente in grado di avvedersi del fatto” che la persona inquadrata nella fotografia nulla abbia a che fare con la vicenda di cui all’articolo in contestazione. Come tale, non va confuso con il “lettore frettoloso”.
E’ quanto sancito dalla S.C. di Cassazione, sez. V Penale, con sentenza n. 10967/20 del 1.4.2020 (scarica qui la sentenza integrale).
Reato continuato e pluralità di vittime
La S.C. di Cassazione, sezione I penale, con sentenza 6.4.2020 n. 11359 si è pronunciata in tema di presenza di una pluralità di vittime e valutazione dell’esistenza del medesimo disegno criminoso a fini del riconoscimento della continuazione nel reato.
In particolare la Corte, richiamato quanto già affermato dalle Sezioni Unite secondo cui il riconoscimento della continuazione presuppone la “verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea” (Sezioni Unite penali, sentenza n. 28659 del 18.5.2017), ha affermato che “l’elevato arco di tempo all’interno del quale sono stati commessi più reati (nella specie, dieci anni) non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale”.
Sulla base di tali premesse è stato quindi affermato che “la diversità di vittime non costituisce affatto un elemento logicamente valorizzabile per escludere la sussistenza del medesimo disegno criminoso poiché il progetto attiene soltanto alla persona del colpevole e non alla vittima”.
Scarica qui la sentenza integrale.