Credito erariale e ipoteca

ipoteca credito erariale

Secondo l’ordinanza 993/2021 del 20.1.2021 della Sezione I civile della S.C. di Cassazione, le modifiche al limite minimo di credito erariale per poter iscrivere ipoteca si applicano anche ai procedimenti ancora pendenti all’entrata in vigore delle norme.

Ricordando anche il dettato delle Sezioni Unite (SS.UU. n. 4077/2010, confermata anche dalla sentenza n. 5771/2012) , in relazione al rapporto di preordinazione, da valere in tema di riscossione coattiva delle imposte, tra l’ipoteca prevista dall’art. 77 del d.P.R. 602/1973 e l’espropriazione immobiliare e, quindi, l’applicabilità a tale iscrizione dei limiti all’esecuzione stabiliti dall’art. 76, la S.C. ha affermato che “se quindi è vero che l’ipoteca non può essere iscritta se il debito del contribuente non supera gli ottomila euro e tanto nel limite introdotto per l’iscrizione, per la prima volta, dall’art. 3, comma 2-ter del D.L. 40/2010, convertito nella legge 22 maggio 2010, n, 73, questa Corte ha, altresì, precisato che siffatto autonomo presupposto è destinato a valere per le future iscrizioni di ipoteca”. La portata della novella legislativa non si ritiene poter essere, infatti, “per ciò solo” apprezzata “come indiretta dimostrazione dell’inesistenza per il periodo pregresso di limiti di valore per la stessa iscrizione“.

Pertanto “la modifica, affidata alle leggi nel tempo succedutesi, delle differenti soglie dell’ammontare del credito per cui il concessionario può procedere in via esecutiva alla realizzazione del credito tributario e quindi del limite entro il quale è fatto divieto al riscossore di procedere ad iscrizione ipotecaria nei confronti del privato debitore, deve trovare applicazione, nella natura procedimentale di quel limite, rispetto ai procedimenti che siano ancora pendenti alla data dell’entrata in vigore delle norme nel tempo succedutesi nel fissare i nuovi importi ai limiti di procedibilità“.

ll limite all’esecuzione coattiva introdotto dalla legge n. 248/2005, trova quindi applicazione, rispetto a procedure che siano pendenti alla data della sua entrata in vigore e quindi per i singoli atti compiuti successivamente.

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L’adozione mite

adozione miteLa c.d. “adozione mite” entra nel nostro ordinamento a seguito dell’ordinanza 1476 del 25.1.2021 della I sezione civile della S.C. di Cassazione.

Tale pronuncia sottolinea come l’adottabilità del minore possa essere dichiarata solo se lo stato di abbandono sia “endemico e radicale” e i genitori siano irreversibilmente incapaci di allevare il figlio e di curarlo, oltre che totalmente inadeguati a svolgere il loro ruolo.

E dunque, l’adozione c.d. “legittimante”, che determina oltre all’acquisto dello stato di figlio degli adottanti in capo all’adottato, ai sensi dell’art. 27 co. L. 184/1983, la cessazione di ogni rapporto dell’adottato con la famiglia d’origine, ai sensi del co. 3, coesiste nell’ordinamento con la diversa disciplina dell’“adozione in casi particolari”, prevista dall’art. 44 della medesima legge, che non comporta l’esclusione dei rapporti tra l’adottato e la famiglia d’origine.

Pertanto il giudice chiamato a decidere sullo stato di abbandono del minore, e quindi sulla dichiarazione di adottabilità, deve accertare la sussistenza dell’interesse del medesimo a conservare il legame con i suoi genitori biologici, pur se deficitari nelle loro capacità genitoriali, costituendo l’adozione legittimante una extrema ratio, cui può pervenirsi nel solo caso in cui non si ravvisi tale interesse.

Il modello di adozione “in casi particolari” può, nei singoli casi concreti e previo compimento delle opportune indagini istruttorie, costituire un idoneo strumento giuridico per il ricorso alla c.d. “adozione mite”, al fine di non recidere del tutto, nell’accertato interesse del minore, il rapporto tra quest’ultimo e la famiglia di origine.

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Ingiurie e stalking

Ingiurie e atti persecutoriLe ingiurie ripetute possono configurare il reato di atti persecutori (c.d. stalking).
Afferma infatti la S.C. di Cassazione, Sezione V penale, con sentenza 1172 del 13.1.2021 che “sebbene l’ingiuria costituisca tuttora una delle più frequenti forme di aggressione all’onore, sanzionato civilmente, tale illecito costituisce anche una forma – e tra le più frequenti – di molestia, soprattutto quando è posto in essere in luogo pubblico o alla presenza di altre persone, siccome idoneo a incidere dolorosamente e fastidiosamente sulla condizione psichica della vittima. Ne consegue che – ove le ingiurie costituiscano fatto isolato, che non si inserisce in un più ampio contesto di aggressione alla sfera psichica e morale della persona – l’autore delle stesse sarà sanzionabile civilmente, mentre, quando le ingiurie assumono consistenza, ripetitività e incidenza tali da determinare, in sinergia con le altre forme di illecito previste dall’art. 612/bis c.p., uno degli eventi previsti da detta norma, risponderà del reato di atti persecutori”.
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Bonifici a soggetti terzi e autoriciclaggio

Bonifici e autoriciclaggioIl bonifico di somme di denaro provenienti da attività delittuosa (ad es. reati tributari) su conti correnti di società estere è condotta idonea a integrare il reato di autoriciclaggio.

Secondo la S.C. di Cassazione sezione II penale, sentenza n. 37932/2020, il bonifico di danaro verso i conti correnti di una società realizza, di per sé, una operazione di rilevanza economica e finanziaria, indipendentemente dalla circostanza che la società sia o meno operativa nel ramo imprenditoriale costituente il suo oggetto sociale, accertamento che non si rivela necessario ai fini della integrazione del reato di autoriciclaggio.

Con riferimento a tale reato, il criterio da seguire ai fini dell’individuazione della condotta dissimulatoria è quello della idoneità “ex ante”, sulla base degli elementi di fatto sussistenti nel momento della sua realizzazione, ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, senza che il successivo disvelamento dell’illecito per effetto degli accertamenti compiuti (nella specie, grazie alla tracciabilità delle operazioni poste in essere fra diverse società), determini automaticamente una condizione di inidoneità dell’azione per difetto di concreta capacità decettiva (Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019, dep. 2020, Fabbri, Rv. 279407. Massime precedenti Conformi: N. 16908 del 2019 Rv. 276419).

In tema di autoriciclaggio, è configurabile una condotta dissimulatoria allorché, successivamente alla consumazione del delitto presupposto, il reinvestimento del profitto illecito in attività economiche, finanziarie o speculative sia attuato attraverso la sua intestazione ad un terzo, persona fisica ovvero società di persone o capitali, poiché, mutando la titolarità giuridica del profitto illecito, la sua apprensione non è più immediata e richiede la ricerca ed individuazione del successivo trasferimento.

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Esenzione IMU sulla prima casa: quando spetta?

Esenzione IMU prima casaNel caso in cui il soggetto passivo dell’ICI (e ora dunque dell’IMU) sia coniugato, ai fini della spettanza delle detrazioni e riduzioni dell’imposta previste per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo dall’art. 8 d.lgs. n. 504/1992, non basta che il coniuge abbia trasferito la propria residenza nel comune in cui l’immobile è situato ma occorre che in tale immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi, atteso che, considerato che l’art. 144 cod. civ. prevede che i coniugi possano avere esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare altrove quella della famiglia, ciò che assume rilevanza, per beneficiare di dette agevolazioni, non è la residenza dei singoli coniugi bensì quella della famiglia (Cass. n. 18096 del 2019).

In tema di ICI era stato inoltre precisato che, ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dall’art. 8 d.lgs. n. 504/1992, occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo.

In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha escluso la detrazione sulla base dell’accertamento che l’immobile de quo costituisse dimora abituale del solo ricorrente e non della di lui moglie – Cass. n. 15444 del 2017).

Da ultimo, Cass. n. 4166 del 2020 ha affermato che, in tema di IMU, l’esenzione prevista per la casa principale dall’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, conv. dalla I. n. 214/2011, richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile, ma altresì che vi risiedano anagraficamente (nella specie, è stata confermata la sentenza impugnata che aveva escluso che l’immobile della ricorrente potesse ritenersi abitazione principale dato che il marito, non legalmente separato, aveva la residenza e la dimora abituale in un altro comune).

E’ quanto statuito dalla S.C. di Cassazione Sezione VI civile con ordinanza 28534/2020.

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