Gara d’appalto e grave illecito professionale

TAR Lazio grave illecito professionaleLa commissione di un grave illecito professionale non comporta automatica esclusione da una gara di appalto pubblica.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Roma – sezione Prima Ter con la sentenza n. 2038 del 17 febbraio 2021, dando atto dell’ampia discrezionalità di cui gode la stazione importante nel valutare i fatti dichiarati dall’Operatore Economico e del fatto che il relativo giudizio, assistito anche da “motivazione sufficiente”, può essere sindacato solo in ipotesi di manifesta irragionevolezza, ha condiviso la decisione della Stazione Appaltante che ha ritenuto che non costituisse un grave illecito professionale una sentenza non ancora passato in giudicato per fatti risalenti nel tempo, occorsi quando il soggetto lavorava per un’altra società e soprattutto per fatti non relativi al settore degli appalti pubblici o comunque legati al core aziendale del concorrente, che in gara aveva peraltro fornito tutti i chiarimenti con una dichiarazione dettagliata e specifica, oggetto di apposita istruttoria.

Complimenti all’avv. Domenico Greco, counsel dello studio Arclex, per l’importante sentenza ottenuta.

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Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

sottrazione fraudolenta reati tributariL’Art. 11 del D.L. 74/2000 stabilisce che “E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”.

In relazione a detta disposizione, però, la recente sentenza 4425/2021 del 4.2.2021 della Sezione III penale della S.C. di Cassazione ha affermato che la natura fraudolenta delle operazioni compiute non può essere ritenuta implicita nella sola idoneità degli atti a mettere in discussione la possibilità di recupero del credito da parte dell’Erario.

L’attitudine fraudolenta degli atti di alienazione non può essere evinta solo dalla natura degli atti stessi (atti di vendita di beni immobili) rinunciando così ad indagare il profilo della fraudolenza (prova dell’eventuale compiacenza delle controparti negoziali, prezzo pagato, modalità di pagamento).

Con particolare riferimento all’alienazione di beni, la S.C. aveva già affermato che in tema di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, allorquando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di inganno o di artificio, cioè da uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione (Sez. 3, n. 29636 del 02/03/2018, Auci, Rv. 273493 – 01).

La nozione di “atti fraudolenti” (Sez. 3, n. 25677 del 16/05/2012, Rv. 252996), comprende tutti quei comportamenti che, quand’anche formalmente leciti, siano tuttavia connotati da elementi di inganno o di artificio, dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione, rilevando, tra i possibili indicatori della fraudolenza, la prova dell’eventuale compiacenza degli acquirenti, la congruità del prezzo pagato.

Sulla nozione di atto fraudolento erano peraltro già intervenute le S.U. n. 12213/2018 che avevano testualmente affermato che «Con riguardo alla nozione di “atto fraudolento” contenuta nella disposizione dell’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, laddove, con terminologia mutuata dall’ art. 388 cod. pen., si sanziona la condotta di chi, «al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto […] aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva», questa Corte ha osservato che deve essere considerato atto fraudolento «ogni comportamento che, formalmente lecito (analogamente, del resto, alla vendita di un bene), sia tuttavia caratterizzato da una componente di artifizio o di inganno» (Sez. 3, n. 25677 del 16/05/2012, Caneva, Rv. 252996), ovvero che è tale «ogni atto che sia idoneo a rappresentare una realtà non corrispondente al vero (per la verità con una sovrapposizione rispetto alla simulazione) ovvero qualunque stratagemma artificioso tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali alla riscossione» (Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, dep. 2017, Di Tullio, Rv. 268798)».

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Maltrattamenti a scuola

maltrattamenti a scuola

Secondo la S.C. di Cassazione, sezione VI penale, sentenza n. 3459/2021 umiliare e offendere sistematicamente un alunno di fronte ai compagni con termini come “fetente” o “deficiente” integra non già abuso dei mezzi di correzione ma il reato di maltrattamenti, anche se vengono invocate asserite ragioni educative.

Tali termini infatti rendono evidente l’assenza di una finalità correttiva e conseguentemente rendono applicabile l’art. 572 c.p. e non già l’art. 571 c.p.

 

Credito erariale e ipoteca

ipoteca credito erariale

Secondo l’ordinanza 993/2021 del 20.1.2021 della Sezione I civile della S.C. di Cassazione, le modifiche al limite minimo di credito erariale per poter iscrivere ipoteca si applicano anche ai procedimenti ancora pendenti all’entrata in vigore delle norme.

Ricordando anche il dettato delle Sezioni Unite (SS.UU. n. 4077/2010, confermata anche dalla sentenza n. 5771/2012) , in relazione al rapporto di preordinazione, da valere in tema di riscossione coattiva delle imposte, tra l’ipoteca prevista dall’art. 77 del d.P.R. 602/1973 e l’espropriazione immobiliare e, quindi, l’applicabilità a tale iscrizione dei limiti all’esecuzione stabiliti dall’art. 76, la S.C. ha affermato che “se quindi è vero che l’ipoteca non può essere iscritta se il debito del contribuente non supera gli ottomila euro e tanto nel limite introdotto per l’iscrizione, per la prima volta, dall’art. 3, comma 2-ter del D.L. 40/2010, convertito nella legge 22 maggio 2010, n, 73, questa Corte ha, altresì, precisato che siffatto autonomo presupposto è destinato a valere per le future iscrizioni di ipoteca”. La portata della novella legislativa non si ritiene poter essere, infatti, “per ciò solo” apprezzata “come indiretta dimostrazione dell’inesistenza per il periodo pregresso di limiti di valore per la stessa iscrizione“.

Pertanto “la modifica, affidata alle leggi nel tempo succedutesi, delle differenti soglie dell’ammontare del credito per cui il concessionario può procedere in via esecutiva alla realizzazione del credito tributario e quindi del limite entro il quale è fatto divieto al riscossore di procedere ad iscrizione ipotecaria nei confronti del privato debitore, deve trovare applicazione, nella natura procedimentale di quel limite, rispetto ai procedimenti che siano ancora pendenti alla data dell’entrata in vigore delle norme nel tempo succedutesi nel fissare i nuovi importi ai limiti di procedibilità“.

ll limite all’esecuzione coattiva introdotto dalla legge n. 248/2005, trova quindi applicazione, rispetto a procedure che siano pendenti alla data della sua entrata in vigore e quindi per i singoli atti compiuti successivamente.

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L’adozione mite

adozione miteLa c.d. “adozione mite” entra nel nostro ordinamento a seguito dell’ordinanza 1476 del 25.1.2021 della I sezione civile della S.C. di Cassazione.

Tale pronuncia sottolinea come l’adottabilità del minore possa essere dichiarata solo se lo stato di abbandono sia “endemico e radicale” e i genitori siano irreversibilmente incapaci di allevare il figlio e di curarlo, oltre che totalmente inadeguati a svolgere il loro ruolo.

E dunque, l’adozione c.d. “legittimante”, che determina oltre all’acquisto dello stato di figlio degli adottanti in capo all’adottato, ai sensi dell’art. 27 co. L. 184/1983, la cessazione di ogni rapporto dell’adottato con la famiglia d’origine, ai sensi del co. 3, coesiste nell’ordinamento con la diversa disciplina dell’“adozione in casi particolari”, prevista dall’art. 44 della medesima legge, che non comporta l’esclusione dei rapporti tra l’adottato e la famiglia d’origine.

Pertanto il giudice chiamato a decidere sullo stato di abbandono del minore, e quindi sulla dichiarazione di adottabilità, deve accertare la sussistenza dell’interesse del medesimo a conservare il legame con i suoi genitori biologici, pur se deficitari nelle loro capacità genitoriali, costituendo l’adozione legittimante una extrema ratio, cui può pervenirsi nel solo caso in cui non si ravvisi tale interesse.

Il modello di adozione “in casi particolari” può, nei singoli casi concreti e previo compimento delle opportune indagini istruttorie, costituire un idoneo strumento giuridico per il ricorso alla c.d. “adozione mite”, al fine di non recidere del tutto, nell’accertato interesse del minore, il rapporto tra quest’ultimo e la famiglia di origine.

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