Le ingiurie ripetute possono configurare il reato di atti persecutori (c.d. stalking).
Afferma infatti la S.C. di Cassazione, Sezione V penale, con sentenza 1172 del 13.1.2021 che “sebbene l’ingiuria costituisca tuttora una delle più frequenti forme di aggressione all’onore, sanzionato civilmente, tale illecito costituisce anche una forma – e tra le più frequenti – di molestia, soprattutto quando è posto in essere in luogo pubblico o alla presenza di altre persone, siccome idoneo a incidere dolorosamente e fastidiosamente sulla condizione psichica della vittima. Ne consegue che – ove le ingiurie costituiscano fatto isolato, che non si inserisce in un più ampio contesto di aggressione alla sfera psichica e morale della persona – l’autore delle stesse sarà sanzionabile civilmente, mentre, quando le ingiurie assumono consistenza, ripetitività e incidenza tali da determinare, in sinergia con le altre forme di illecito previste dall’art. 612/bis c.p., uno degli eventi previsti da detta norma, risponderà del reato di atti persecutori”.
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Sequestro del cane usato per atti persecutori
La S.C. di Cassazione, sezione V penale, con sentenza 1.4.2020 n. 10992 ha respinto il ricorso in tema di riesame della misura cautelare, confermando la legittimità del sequestro di un cane di razza pitbull utilizzato dal proprietario al fine di commettere condotte persecutorie ai danni della persona offesa.
Il cane infatti, di “conclamata pericolosità”, veniva usato abitualmente dall’imputato per incutere timore alla vittima, la quale era stata anche morsa dall’animale.
Siffatta situazione, secondo la Suprema Corte, legittima l’adozione della misura cautelare reale di sequestro preventivo dell’animale.
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