L’art. 53 della L. 689/1981 afferma, tra l’altro, che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di un mese può sostituirla con la pena pecuniaria della specie corrispondente.
La sostituzione della pena detentiva ha luogo secondo i criteri indicati dallo articolo 57 della legge 689/1981 e dall’articolo 135 del codice penale che stabilisce a sua volta che “Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva”.
La recente sentenza 28/2022 della Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 53 citato per violazione dei principi di eguaglianza e finalità rieducativa della pena, “posto che il tasso minimo di 250 euro al giorno previsto dalla legge trasforma la possibilità di sostituire il carcere con la pena pecuniaria in un privilegio per i condannati abbienti” (v. comunicato dell’Ufficio Stampa della Corte Costituzionale).
La Corte ha perciò ritenuto che ai 250 euro debbano essere sostituiti i 75 euro già previsti dalla normativa in materia di decreto penale di condanna, fermo restando l’attuale limite massimo giornaliero di 2.500 euro.
Una quota giornaliera minima di 250 euro, ha proseguito la Corte, è ben superiore alla somma che la gran parte delle persone che vivono oggi nel nostro Paese sono ragionevolmente in grado di pagare. Moltiplicata poi per il numero di giorni di pena detentiva da sostituire, una simile quota conduce a risultati estremamente onerosi per molte di queste persone
Peraltro, poiché il Parlamento ha recentemente delegato il Governo a modificare la disciplina della sostituzione della pena detentiva, la Corte ha sottolineato che il legislatore può, nella sua discrezionalità, individuare soluzioni diverse e, in ipotesi, ancor più aderenti ai principi costituzionali definiti nella sentenza.