La scriminante della c.d. difesa domiciliare è stata interessata dapprima dall’intervento della L. 13 febbraio 2006, n. 59 – giustificando le reazioni difensive poste in essere contro chi commetta fatti di violazione di domicilio ai sensi dell’art. 614, primo e secondo comma, cod. pen., situazione a cui è stata parificata la commissione di fatti avvenuti «all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale».
In seguito, come noto, la legge n. 36 del 2019, con l’intenzione professa di rendere sempre e indistintamente legittima la difesa all’intrusione nel proprio domicilio:
1) ha modificato il secondo comma dell’art. 52 cod. pen., inserendovi l’avverbio “sempre” («Nei casi previsti dall’art. 614 primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui quando non vi è desistenza o vi è pericolo di aggressione.»);
2) ha inserito nella norma un nuovo comma – il quarto – in forza del quale «Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone»;
3) ha aggiunto, all’art. 55 cod. pen., un secondo comma che, delimitando l’ambito di punibilità dell’eccesso colposo, recita «Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell’art. 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all’art. 61, primo comma, numero 5 ovvero in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto».
La S.C. di Cassazione, Sezione I penale, con sentenza n. 21794/2020 del 21.7.2020 precisa che la nuova riforma, anzitutto non ha sostituito quella del 2006 perché, al pari della prima, riguarda esclusivamente le reazioni difensive all’offesa ingiusta arrecata all’interno del domicilio e dei luoghi ad esso assimilati: dunque, pur sempre di difesa “nel domicilio” si tratta e non, di difesa “del domicilio” tout court.
Precisa inoltre la Corte che l’inserimento dell’avverbio “sempre”, volto a presidiare ulteriormente, nell’intenzione del legislatore, la presunzione di proporzionalità della reazione difensiva a tutela della sicurezza individuale nel domicilio, non modifica l’impianto normativo dell’istituto.
La fattispecie scriminante postula una serie di requisiti aggiuntivi rispetto a quelli, diversi dalla proporzione, richiesti dall’art. 52, primo comma, cod. pen.:
• la commissione di una violazione di domicilio da parte dell’aggressore;
• la presenza legittima dell’agente nei luoghi dell’illecita intrusione o dell’illecito intrattenimento;
• uno specifico animus defendendi che si aggiunge e non si sostituisce ai requisiti posti dal primo comma, nel senso che alla finalità difensiva deve necessariamente corrispondere, sul piano oggettivo, il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, non altrimenti neutralizzabile se non con la condotta difensiva effettivamente attuata, la necessità ed inevitabilità dell’offesa restando ineludibili precondizioni.
Sicché l’aggiunta dell’avverbio “sempre” appare pleonastica, in quanto l’operatività della presunzione, già posta dalla norma, resta comunque subordinata all’accertamento degli altri elementi costitutivi della fattispecie scriminante, che non consente una indiscriminata reazione nei confronti dell’autore dell’illecita intrusione o dell’illecito intrattenimento, ma presuppone un attacco, nell’ambiente domestico o nei luoghi ad esso assimilati, alla propria o altrui incolumità o quanto meno un pericolo di aggressione (Sez. 1, n. 12466 del 21/02/2007, Sampino, Rv. 236217; Sez. 4, n. 691 del 14/11/2013, Gallo Cantone, Rv. 257884; Sez. 5, n. 35709 del 02/07/2014, Desogus, 13/08/2014, Rv. 260316 Sez. 1, n. 50909 del 07/10/2014, Thekna, Rv. 261491). La reazione può dirsi, pertanto, proporzionata, nonostante l’asimmetria dei mezzi a disposizione, sempre che il pericolo di offesa all’incolumità propria o di terzi sia attuale e tale da rendere inevitabile l’uso dell’arma come mezzo di difesa, mentre la reazione a difesa dei beni è legittima quando l’offesa è in atto (non vi è desistenza) e vi sia il pericolo, ossia la probabilità ovvero la rilevante possibilità, di aggressione all’incolumità fisica dell’aggredito o di altri.
Sulla base di tali presupposti la Corte ha dichiarato inapplicabile la scriminante in esame ad un caso in cui colui che si era introdotto nell’abitazione era stato attinto da arma da fuoco da tergo, mentre, flesso in avanti, tentava la fuga infilandosi nello stretto pertugio della saracinesca.
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