La S.C. di Cassazione, sezione I penale, con sentenza 6.4.2020 n. 11359 si è pronunciata in tema di presenza di una pluralità di vittime e valutazione dell’esistenza del medesimo disegno criminoso a fini del riconoscimento della continuazione nel reato.
In particolare la Corte, richiamato quanto già affermato dalle Sezioni Unite secondo cui il riconoscimento della continuazione presuppone la “verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea” (Sezioni Unite penali, sentenza n. 28659 del 18.5.2017), ha affermato che “l’elevato arco di tempo all’interno del quale sono stati commessi più reati (nella specie, dieci anni) non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale”.
Sulla base di tali premesse è stato quindi affermato che “la diversità di vittime non costituisce affatto un elemento logicamente valorizzabile per escludere la sussistenza del medesimo disegno criminoso poiché il progetto attiene soltanto alla persona del colpevole e non alla vittima”.
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