Con ordinanza del 6 luglio 2020, n. 13872 la S.C. di Cassazione, sezione III civile precisa in modo dettagliato i criteri di ripartizione dell’onere probatorio in tema di responsabilità medica.
In particolare descrive la regula iuris della “preponderanza dell’evidenza” e la suddivide in due criteri:
1. quello del “più probabile che non”, in base alla quale il giudice deve scegliere l’ipotesi che, sulla base delle prove allegate, è dotata di un “grado di conferma logica superiore all’altra”;
2. quello della “prevalenza relativa”, secondo cui il giudice deve scegliere come “vero” l’enunciato che ha ricevuto il grado relativamente maggiore di conferma sulla base delle prove disponibili.
Sulla base di tali principi la S.C. giunge ad affermare nel caso trattato che il Giudice deve “verificare, sulla scorta delle evidenze probatorie acquisite (anche a mezzo della disposta di consulenza tecnica d’ufficio), innanzitutto, se l’ipotesi sulla verità dell’enunciato relativo all’idoneità della toracentesi a cagionare l’emotorace presentasse un grado di conferma logica maggiore rispetto a quella della sua falsità (criterio del “più probabile che non”). Di seguito, essa avrebbe dovuto stabilire – in applicazione, questa volta, del criterio della “prevalenza relativa della probabilità” se tale ipotesi avesse ricevuto, sempre su un piano logico, ovvero nuovamente sulla base delle prove disponibili, un grado relativamente maggiore di conferma rispetto ad altrettante, differenti, ipotesi sulla eziologia tanto dell’emotorace, quanto del decesso della paziente (facendo la sentenza riferimento a non meglio precisate sue “critiche condizioni di salute” che avrebbero influito sul cd. “exitus”), ipotesi anch’esse, però, da riscontrare preliminarmente, nella loro verità, nello stesso modo, ovvero in applicazione del principio del più probabile che non”.
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