Con una recente pronuncia del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (sez. giur., 19 aprile 2021, n. 326) sono state fornite utili indicazioni circa la portata degli obblighi dichiarativi a carico del concorrente in relazione alle circostanze qualificabili come “gravi illeciti professionali” (la cui sussistenza, da valutarsi discrezionalmente da parte della Stazione appaltante, comporta l’esclusione dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c e c-bis del D.Lgs. 50/2016).
In proposito, come noto, il comma 10-bis dell’art. 80 del D.Lgs. 50/2016, introdotto con D.L. n. 32 del 2019 (cd. “Decreto Sblocca-cantieri” convertito in Legge n. n. 55/2019), ha previsto che nei casi di cui al comma 5 del medesimo art. 80 – fra i quali rientra la commissione di gravi illeciti professionali – la durata dell’esclusione sia pari a tre anni, “decorrenti dall’adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza”.
A fronte del limite triennale di rilevanza dei gravi illeciti professionali commessi, occorre quindi comprendere se l’omessa dichiarazione di circostanze suscettibili di integrare un grave illecito professionale anteriori al triennio configuri o meno una reticenza dichiarativa che – seppure non legittimi di per sé l’attivazione di un automatismo espulsivo – deve comunque essere apprezzata dalla Stazione appaltante quale circostanza potenzialmente idonea ad occultare “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” e ad “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante” in ordine alle valutazioni “sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (art. 80, comma 5 lettera c-bis) D.Lgs. n. 50/2016), potendo, per tal via, costituire un “grave illecito professionale” del concorrente tale da “rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (art. 80, comma 5, lettera c).
Sempre in tema di dichiarazioni si segnala la sentenza del consiglio di stato sez. V, 08.04.2021 n. 2838 che torna a chiarare la differenza tra omissione delle informazioni e falsità.
Il Codice degli appalti [art. 80] ha cura di distinguere due fattispecie:
- l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico;
- la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui di regola consegue, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (laddove, per l’appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso).
La distinzione va precisata con l’osservazione che l’ordito normativo – peraltro frutto di vari interventi correttivi, integrativi e, nel caso della lettera c), anche diairetici stratificati nel tempo – fa variamente riferimento:
- alla falsità di “informazioni” fornite (lettera c-bis), di “dichiarazioni” rese e di “documentazione” presentata (lettere f-bis, f- ter e g, nonché il comma 12), talora, peraltro, dando rilevanza alla mera (ed obiettiva) “non veridicità”, talaltra ai profili di concreta “rilevanza o gravità” ovvero ai profili soggettivi di imputabilità (evocati dal riferimento alla negligenza, alla colpa, anche grave, o addirittura al dolo);
- alla attitudine “fuorviante” delle informazioni (intesa quale suscettibilità di influenzare il processo decisionale in ordine all’esito della fase di ammissione);
- alla mera “omissione” (di informazioni dovute).
Inoltre, si distingue, con esclusivo riguardo alle falsità dichiarative e documentali, secondo che le stesse rimontino a condotte (attive od omissive), a loro volta poste in essere (cfr. comma 6), prima ovvero nel corso della procedura.
In altri termini, è un dato positivo la distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali).
E se si considera che la reticenza corrisponde, in definitiva, alla c.d. mezza verità (la cui attitudine decettiva opera, quindi, in negativo, in relazione a ciò che viene taciuto, costituendo, quindi, una forma di omissione parziale), le informazioni fuorvianti son quelle che manifestano attitudine decettiva in positivo, per il contenuto manipolatorio di dati reali: una sorta di mezza falsità).
La distinzione è, già sul ridetto piano normativo, legata a diverse conseguenze: mentre le prime tre ipotesi (dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti) hanno rilievo solo in quanto si manifestino nel corso della procedura, la falsità è più gravemente sanzionata dall’obbligo di segnalazione all’ANAC gravante sulla stazione appaltante in forza del comma 12 e della possibile iscrizione (in presenza di comportamento doloso o gravemente colposo e subordinatamente ad un apprezzamento di rilevanza) destinata ad operare anche nelle successive procedure evidenziali, nei limiti del biennio (lettere f-ter e g, quest’ultima riferita, peraltro, alla falsità commessa ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione).
Con il che la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva; laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano.
Risulta evidente che in siffatta prospettiva ermeneutica l’omissione (e la reticenza) dichiarativa si appalesano per definizione insuscettibili (a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità) di legittimare l’automatica esclusione dalla gara: dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente.
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve allora evidenziarsi (in coerenza alle puntualizzazioni di Cons. Stato, ad. plen. n. 16/2020 cit.):
- che la reticenza dichiarativa (nella specie correlata all’omessa allegazione di precedenti esclusioni) – seppure non legittimi di per sé l’attivazione di un automatismo espulsivo – può e deve essere apprezzata dalla stazione appaltante in quanto si riveli idonea ad occultare “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, ad “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante” in ordine alle valutazioni “sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (art. 80, comma 5 lettera c-bis) d. lgs. n. 50/2016), risultando sintomaticamente, nella sua attitudine decettiva ed in relazione alla posizione dell’operatore economico, idonea a “rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (comma 5, lettera c);
- che l’ipotesi va, perciò, tenuta distinta dalla più grave falsità dichiarativa o documentale di cui alla lettera f-bis, correlata alla obiettiva (e perciò verificabile e sindacabile) non veridicità dei fatti allegati a supporto della domanda di partecipazione: che, in quanto espressiva di inaffidabilità in re ipsa, costituisce ragione di automatica esclusione, sottratta al concreto e motivato vaglio di rilevanza;
- che, sotto distinto profilo, entrambe le ipotesi – in ogni caso riferite ad illeciti dichiarativi endoprocedimentali, vale a dire maturati “nella procedura di gara in corso” (comma 5, lettera f-bis) – vanno tenute separate dall’ulteriore fattispecie escludente di cui all’art. 80, comma 12 (in correlazione alle lettere f-ter e g del comma 5), che si riferisce alla eventualità – operante pro futuro ed in relazione a procedure diverse e successive a quelle in cui sia maturato l’illecito – che l’ANAC, su segnalazione delle stazioni appaltanti, abbia accertato l’imputabilità soggettiva (in termini di “dolo o colpa grave”) e la concorrente gravità obiettiva dei fatti oggetto “di falsa dichiarazione o falsa documentazione”, procedendo alla “iscrizione nel casellario informatico”, di per sé obiettivamente ed automaticamente preclusiva, sia pure ad tempus e cioè “fino a due anni”, di ulteriori partecipazioni.
Pertanto, l’iscrizione nel casellario informatico è bensì condizione sufficiente per disporre l’esclusione (per giunta, in questo caso, automatica) dalla gara (avuto riguardo alla efficacia ultrattiva delle false dichiarazioni rese con dolo o colpa grave in precedenti procedure evidenziali), ma non ne è affatto condizione necessaria (le quante volte la stazione appaltante, in relazione alle procedure in corso, ne apprezzi la concreta rilevanza sotto il profilo della inaffidabilità dell’operatore economico che se ne sia reso responsabile).
Ciò che, in questo secondo caso, deve ritenersi perclusa è, cioè, solo l’esclusione automatica, che non passi per il concreto vaglio di effettiva incidenza sulla affidabilità professionale del concorrente (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 2021, n. 2708).
E’ dunque errato sovrapporre le due fattispecie escludenti, traendone il non plausibile corollario che solo la previa iscrizione nel casellario informatico legittimi la valorizzazione, a fini escludenti, di ogni, pur concretamente rilevante, omissione dichiarativa.