L’art. 615 bis c.p. prevede che “Chiunque mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.
La S.C. di Cassazione sezione V penale con sentenza 30191/2021 ha incidentalmente trattato la legittimità o meno della ripresa tramite videocamere delle aree condominiali al fine di provare comportamenti di stalking da parte di vicini di casa.
In particolare, la S.C. dopo aver ribadito che le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 cod. proc. pen., sicché i fotogrammi estrapolati da detti filmati ed inseriti in annotazioni di servizio non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale di inutilizzabilità, ha dichiarato:
- che “l’uso di telecamere installate all’interno della propria abitazione, che riprendono l’area condominiale destinata a parcheggio ed il relativo ingresso, non configura la fattispecie di cui all’art. 615bis c.p., trattandosi di luoghi destinati all’uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela della norma incriminatrice, la quale concerne, sia che si tratti di “domicilio”, di “privata dimora” o “appartenenze di essi”, una particolare relazione del soggetto con l’ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza (Sez. 5, n. 44701 del 29/10/2008, Caruso, Rv. 242588; Sez. 5, n. 44156 del 21/10/2008, Gottardi, Rv. 241745). Lo stesso principio è stato ribadito quanto alle scale condominiali ed ai pianerottoli, giacché essi non assolvono alla funzione di consentire l’esplicazione della vita privata al riparo di sguardi indiscreti, essendo destinati all’uso di un numero indeterminato di soggetti (Sez. 5, n. 34151 del 30/05/2017, Tinervia, Rv. 270679)”;
- che in ambito condominiale non è possibile opporre pretese violazioni della normativa sulla privacy, poiché risulta “legittimamente acquisito ed utilizzato ai fini dell’affermazione della responsabilità penale un filmato effettuato con un telefonino ovvero quello eseguito grazie ad un sistema di videosorveglianza a prescindere dalla conformità alla disciplina sulla privacy, la quale non costituisce sbarramento all’esercizio dell’azione penale” (Sez. 5, n. 2304 del 28/11/2014, dep. 2015, Chfouka, Rv. 262686; Sez. 2, n. 6812 del 31/1/2013 , non massimata).
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Vedi anche il nostro post, relativo a un caso conforme del 18.6.2020.