Le Sezioni Unite, con sentenza n. 21761 del 29 luglio 2021, a risoluzione di una questione di massima di particolare importanza, hanno affermato i seguenti principi di diritto: le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio (che, rispetto alle pattuizioni relative alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa) ovvero dopo l’omologazione, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., presupponendo la validità dei trasferimenti l’attestazione del cancelliere che le parti abbiamo prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, mentre non produce la nullità del trasferimento il mancato compimento, da parte dell’ausiliario, dell’ulteriore verifica soggettiva circa l’intestatario catastale dei beni e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari.
La S.C. dunque conferma che la previsione di un trasferimento è ben possibile nella separazione e nel divorzio e che il verbale d’udienza soddisfa pienamente il requisito della forma scritta, potendo essere direttamente trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari.
In particolare è stato affermato che “del tutto incontroversa, nella giurisprudenza di questa Corte, è peraltro l’ammissibilità – sul piano generale, anche a prescindere dalla materia fiscale – della sola assunzione dell’obbligo di trasferire la proprietà di un bene, o altro diritto reale, con gli accordi di separazione o di divorzio. Sotto tale profilo, può anzi affermarsi che qualsiasi clausola che sia in grado di soddisfare gli interessi delle parti a regolare consensualmente – in quel particolare e delicato contesto costituito dalla crisi coniugale – gli aspetti economici della vicenda in atto, sia essa di mero accertamento della proprietà di un bene immobile, ovvero di cessione definitiva del bene stesso, o ancora di assunzione dell’obbligo di trasferirlo, è stata ritenuta egualmente ammissibile e valida dalla giurisprudenza di legittimità” e che “in tal senso, si è statuito, infatti, che è di per sé valida la clausola dell’accordo di separazione che contenga !’«impegno» di uno dei coniugi, al fine di concorrere al mantenimento del figlio minore, di trasferire, in suo favore, la piena proprietà di un bene immobile, trattandosi di pattuizione che dà vita ad un «contratto atipico», distinto dalle convenzioni matrimoniali ex art. 162 cod. civ. e dalle donazioni, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322 cod. civ. (Cass. 17/06/2004, n. 11342)”.
Sotto diverso profilo viene anche precisato che “nella medesima prospettiva si pone l’affermazione secondo cui l’obbligo di mantenimento nei confronti della prole ben può essere adempiuto con l’attribuzione definitiva di beni, o con l’impegno ad effettuare detta attribuzione, piuttosto che attraverso una prestazione patrimoniale periodica, sulla base di accordi costituenti espressione di autonomia contrattuale, con i quali vengono, peraltro, regolate solo le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta (…) l’obbligo di mantenimento dei figli minori (ovvero maggiorenni non autosufficienti) può essere, per vero, legittimamente adempiuto dai genitori -nella crisi coniugale -mediante un accordo che, in sede di separazione personale o di divorzio, attribuisca direttamente -o impegni il promittente ad attribuire -la proprietà di beni mobili o immobili ai figli, senza che tale accordo (formalmente rientrante nelle previsioni, rispettivamente, degli artt. 155, 158, 711 cod. civ. e 4 e 6 della legge n. 898 del 1970, e sostanzialmente costituente applicazione della «regula iuris» di cui all’art. 1322 cod. civ., attesa la indiscutibile meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti) integri gli estremi della liberalità donativa, ma assolvendo esso, di converso, ad una funzione solutorio-compensativa dell’obbligo di mantenimento. L’accordo in parola, comporta l’immediata e definitiva acquisizione al patrimonio dei figli della proprietà dei beni che i genitori abbiano loro attribuito, o si siano impegnati ad attribuire; di talché, in questa seconda ipotesi, il correlativo obbligo, è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ. (Cass., 21/02/2006, n. 3747; Cass., 23/09/2013, n. 21736, secondo cui tale pattuizione non è affetta da nullità, non essendo in contrasto con norme imperative, né con diritti indisponibili)”.