Assolto per non aver commesso il fatto un ginecologo imputato per avere concorso a cagionare (unitamente ad altro collega separatamente giudicato) il decesso del feto che una paziente alla 31+3 settimana di gravidanza con sintomi di preeclampsia, portava in grembo. Ciò a seguito di una disamina non corretta del quadro complessivo della gestante, che – se correttamente valutato – avrebbe dovuto indurre a considerare un rapido espletamento del parto, stante l’insussistenza delle condizioni per attendere oltre (ossia in presenza di rilevante stato anemico, riduzione del flusso nelle arterie uterine, ritardo di crescita fetale nelle ultime due settimane di gestazione, segno di una ridotta funzione placentare, calo delle piastrine, elevati valori pressori); inoltre non veniva eseguito un adeguato monitoraggio ed apporto terapeutico per la stabilizzazione delle condizioni della paziente, atteso che dopo due giorni dal ricovero, permanendo elevati i valori pressori, non eseguivano un nuovo esame di flussimetria Doppler; e successivamente, pur a fronte di elementi deponenti per una possibile evoluzione in forma grave della preeclampsia e per una possibile insorgenza di sindrome di Hellp, i due sanitari non adottavano le necessarie misure terapeutiche e di controllo per salvaguardare la salute della madre e del feto. L’accusa era dunque avere omesso, nell’arco temporale di sua competenza (dalle 08,00 del mattino del 3 settembre 2009), qualsiasi intervento, così portando la paziente in pericolo di vita e il feto in asfissia; di tal che l’intervento chirurgico da lui compiuto alle 10,07 risultava tardivo, in quanto il feto era già morto.
La S.C. di Cassazione, sezione IV penale, con sentenza 8864/2020 ha cassato senza rinvio la sentenza di secondo grado non reputando raggiunta la prova della rilevanza causale della condotta addebitata al ginecologo rispetto all’evento infausto.
Nei reati omissivi impropri, la valutazione concernente la riferibilità causale dell’evento lesivo alla condotta omissiva che si attendeva dal soggetto agente, deve avvenire rispetto alla sequenza fenomenologica descritta nel capo d’imputazione, di talché, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice di merito in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale (Sez. 4, n. 30469 del 13/06/2014, Jann e altri, Rv. 262239). Analogamente, in un caso per molti versi analogo a quello che ne occupa, si é affermato – in modo altrettanto pertinente rispetto al caso di specie – che, in tema di nesso di causalità, il giudizio controfattuale – imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento – richiede preliminarmente l’accertamento di ciò che é accaduto (c.d. giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta (Sez. 4, Sentenza n. 23339 del 31/01/2013, Giusti, Rv. 256941: in applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione del giudice di appello che ha affermato la responsabilità di un medico – per avere, sulla base di un’errata interpretazione del tracciato cardiografico del feto, ritardato il parto con taglio cesareo, causandone il decesso – ritenendo non provato il momento di insorgenza della sofferenza fetale e, quindi, la circostanza che il feto potesse essere salvato nel momento in cui gli esami vennero sottoposti all’attenzione del medico, se quest’ultimo fosse tempestivamente intervenuto).
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