Violazioni in monopattino: niente sospensione della patente

Può essere disposta la sospensione della patente in caso di violazioni del codice della strada commesse utilizzando un monopattino o una bicicletta?

In un recente caso trattato dalla Suprema Corte, l’imputato aveva patteggiato ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena, condizionalmente sospesa, di mesi cinque, giorni dieci di arresto ed Euro 1.400,00 di ammenda in ordine al reato guida in stato di ebbrezza (art. 186 del D. Lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285 c.d. Codice della Strada) è stato dichiarato che “Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte quello per cui la sanzione amministrativa accessoria della sospensione (o della revoca) della patente di guida, conseguente per legge a illeciti posti in essere con violazione delle norme sulla circolazione stradale, non può essere applicata a colui il quale si sia posto alla guida di veicolo per la cui circolazione non è richiesta alcuna abilitazione (così, tra le altre: Sez. 4, n. 34772 del 26/11/2020, Cani, Rv. 280075-01; Sez. 4, n. 19413 del 29/03/2013, Cologna, Rv. 255081; Sez. U, n. 12316 del 30/01/2002, Fugger, Rv. 221039- 01)”.

Prosegue la S.C. affermando che tale principio, per lo più espresso con riferimento alla guida di un velocipede, può, all’evidenza, essere esteso anche alla conduzione di un monopattino, avendo l’art. 1, comma 75-quinquies, legge 27 dicembre 2019, n. 160, espressamente equiparato (fatte salve alcune eccezioni non rilevanti nel caso di specie) i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica ai velocipedi.

Nella fattispecie, pertanto, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida è stata erroneamente applicata con riferimento ad un’ipotesi di guida in stato di ebbrezza concernente la conduzione di un mezzo (monopattino) per la cui guida non è richiesto alcun titolo abilitativo.

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Guida in stato di ebbrezza: no alla riduzione della sospensione della patente per i casi lievi

guida in stato di ebbrezzaLa Corte Costituzionale con sentenza n. 62 dell’8.4.2021 ha dichiarato che non è possibile estendere il beneficio della riduzione alla metà della sanzione a seguito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, previsto per i casi più gravi di guida in stati ebbrezza (lettere b) e c) dell’art. 186 co. 2 C.d.S.), alle ipotesi più lievi (lettera a) del medesimo articolo).

La questione di legittimità costituzionale riguardava l’art. 186 co. 9bis del Codice della Strada, nella parte in cui non prevede un istituto o una prestazione che consenta alle persone incorse nella violazione dell’art. 186, comma 2, lett. a), C.d.S., di beneficiare della riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, parimenti a quanto previsto per le ipotesi di cui alle successive lettere b) e c) dello stesso comma, per contrasto con l’art. 3 Cost., e con l’art. 29, co. 2, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948.

Sostanzialmente era stata sollevata l’incongruenza tra la posizione finale del trasgressore della fattispecie di cui all’art. 186, comma 2, lett. a), sanzionato in ogni caso con la sospensione della patente di guida da tre a sei mesi, e la posizione finale del trasgressore della più grave fattispecie punita dalla lett. b), come risultante dall’esito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità che comporta, beneficiando della riduzione alla metà, una identica misura minima di tre mesi di sospensione della patente.

La Consulta ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sul presupposto che la possibilità di sostituzione della pena è prevista solo per le fattispecie aventi rilevanza penali (e dunque le lettere b) e c) dell’art. 186 co. 2 C.d.S.) e non già per le violazioni amministrative come l’ipotesi di cui all’art. 186 co. 2 lett. a) C.d.S.

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Guida in stato di ebbrezza e casellario

casellario ebbrezzaLa Corte Costituzionale con sentenza 179/2020 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 24  e dell’art. 25 del T.u. Casellario Giudiziale (DPR 14.11.2020 n. 313), nella parte in cui non prevedono, che nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall’interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all’art. 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché dell’ordinanza che dichiara l’estinzione del reato medesimo ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada.

In particolare la Consulta, richiamando quanto già affermato nella propria sentenza 231/2018 nella quale aveva censurato l’omessa previsione della non menzione dei provvedimenti relativi alla messa alla prova nei certificati del casellario richiesti da privati, ha osservato che il lavoro di pubblica utilità, disposto quale sanzione sostitutiva per la contravvenzione di cui all’art. 186 cod. strada, alla stessa stregua della messa alla prova, implica lo svolgimento di un’attività in favore della collettività, e pertanto, in caso di esito positivo della stessa, esprime una meritevolezza maggiore rispetto a quella manifestata da chi patteggi la pena o non si opponga all’emissione di un decreto di condanna nei suoi confronti, beneficiando per ciò stesso della non menzione nei certificati del casellario richiesti dai privati.

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Guida in stato di ebbrezza: no alla confisca del veicolo se la messa alla prova ha esito positivo

La Corte Costituzionale con sentenza 75 del 7.4.2020 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo della messa alla prova.
Infatti, secondo la Consulta la possibilità che, pur in caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per esito positivo della messa alla prova, il prefetto disponga, ricorrendone le condizioni, la confisca del veicolo (della cui disponibilità, peraltro, l’imputato è stato privato sin dal momento del sequestro) – laddove lo stesso codice della strada prevede, per il caso in cui il processo si sia concluso con l’emissione di una sentenza di condanna e con l’applicazione della pena sostitutiva, non solo l’estinzione del medesimo reato di guida in stato di ebbrezza, ma anche la revoca della confisca del veicolo per effetto del solo svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità – risulta manifestamente irragionevole, ove rapportata alla natura, alla finalità e alla disciplina dell’istituto della messa alla prova, come delineate anche dalla giurisprudenza costituzionale.
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