Colpa medica: precisazioni della Suprema Corte

colpa medicaLa S.C. di Cassazione, Sezione IV penale, con sentenza 18347/2021 ha precisato alcuni parametri fondamentali per valutare la presenza di colpa medica.

In particolare a proposito della misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare che si doveva osservare è stato sottolineato che possono venire in rilievo, nel determinare la misura del rimprovero, sia le specifiche condizioni del soggetto agente ed il suo grado specializzazione, sia la situazione ambientale, di particolare difficoltà, in cui il professionista si è trovato ad operare. Il giudice di merito deve procedere ad una valutazione complessiva di tali indicatori – come pure di altri, quali l’accuratezza nell’effettuazione del gesto medico, le eventuali ragioni di urgenza, l’oscurità del quadro patologico, la difficoltà di cogliere e legare le informazioni cliniche, il grado di atipicità o novità della situazione data e così di seguito – al fine di esprimere la conclusiva valutazione sul grado della colpa, ponendo in bilanciamento fattori anche di segno contrario, che ben possono coesistere nell’ambito della fattispecie esaminata, non dissimilmente da quanto avviene in tema di concorso di circostanze (Sez.4, n.22281 del 15/04/2014, Cavallaro, Rv. 26227301).

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Diffamazione e stato d’ira

Diffamazione e stato d'iraLa S.C. di Cassazione, Sezione V penale, enuncia nella medesima sentenza 8898/2021 due interessanti principi: il primo in tema di stato d’ira (quale causa di non punibilità per il reato di diffamazione) e il secondo in tema contemperamento tra diffamazione e esercizio di un diritto.

Sotto il primo profilo  la S.C. ha affermato che la provocazione non deve essere solo percepita ma deve essere concreta e oggettiva: “il comportamento provocatorio, costituente il fatto ingiusto, che causa lo stato di ira e la reazione diffamatoria dell’offensore, anche quando non integrante gli estremi di un illecito codificato, deve comunque potersi ritenere contrario alla civile convivenza secondo una valutazione oggettiva e non in forza della mera percezione negativa che del medesimo abbia avuto l’agente. Non è dunque sufficiente che questi si sia sentito provocato, ma è necessario che egli sia stato oggettivamente provocato (Sez. 5, n. 25421 del 18/03/2014, Rv. 259882 ; Sez. 5, n. 21133 del 09/03/2018 Rv. 273131 – 01 )”.

Sotto il secondo profilo viene invece ricordato che, se per un verso la diffusione tra più persone di notizie denigratorie a carico di altri integra il reato ex art. 595 cod pen., anche se dette notizie rispondono al vero, dall’altro, la circostanza (verità della notizia) non è indifferente quando l’agente abbia tenuto la sua condotta nell’esercizio del diritto di cronaca, di critica o di legittima tutela dei suoi interessi (Sez. n. 3565 del 07/11/2007, Rv. 238909).

Pertanto ai fini del riconoscimento dell’esimente dell’esercizio di un diritto, qualora le frasi diffamatorie siano formulate a mezzo social network, il giudice, nell’apprezzare il requisito della continenza, deve tener conto non solo del tenore del linguaggio utilizzato ma anche dell’eccentricità delle modalità di esercizio della critica, restando fermo il limite del rispetto dei valori fondamentali, che devono ritenersi sempre superati quando la persona offesa, oltre che al ludibrio della sua immagine, sia esposta al pubblico disprezzo.

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Comportamento imprudente del pedone

investimento imprudente pedoneIn tema di responsabilità colposa da sinistri stradali, l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili (cfr. sez. 4 n. 25552 del 27/4/2017, Luciano, Rv. 270176 in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto ragionevolmente prevedibile la presenza, di sera, in una strada cittadina poco illuminata, in un punto situato nei pressi di una fermata della metropolitana, di persone intente all’attraversamento pedonale nonostante l’insistenza “in loco” di apposito sottopassaggio; sez. 4 n. 12260 del 9/1/2015, Moccia e altro, Rv. 263010, in fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza con la quale era stata esclusa la responsabilità del guidatore per omicidio colposo di un pedone, il quale, sceso dalla portiera anteriore dell’autobus in sosta lungo il lato destro della carreggiata, era passato davanti all’automezzo ed era stato investito dall’imputato, che aveva rispettato il limite di velocità ma non aveva provveduto a moderarla in ragione delle condizioni spazio-temporali di guida e, segnatamente, della presenza in sosta del pullman).

Infatti, in tema di reati commessi con violazione di norme sulla circolazione stradale, il principio di affidamento trova opportuno temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità (cfr. sez. 4 n. 27513 del 10/5/2017, Mulas, Rv. 269997; n. 5691 del 2/2/2016, Tettamanti, Rv. 265981; n. 7664 del 6/12/2017, dep. 2018, Bonfrisco, Rv. 272223; n. 8090 del 15/11/2013, dep. 2014, P.M. in proc. Saporito, Rv. 259277; n. 32202 del 15/7/2010, Filippi, Rv. 248354, in cui si è chiarito che costituisce di per sé condotta negligente l’aver riposto fiducia nel fatto che gli altri utenti della strada si attengano alle prescrizioni del legislatore, poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per far fronte a situazioni di pericolo, determinate anche da comportamenti irresponsabili altrui, se prevedibili).

Ciò in quanto il comportamento colposo del pedone investito dal conducente di un veicolo costituisce mera concausa dell’evento lesivo, che non esclude la responsabilità del conducente e può costituire causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l’evento, soltanto nel caso in cui risulti del tutto eccezionale, atipico, non previsto né prevedibile, cioè quando il conducente si sia trovato, per motivi estranei a ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone ed osservarne per tempo i movimenti, che risultino attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile (cfr. Sez. 4 n. 23309 del 29/4/2011, Rv. 250695).

Questi i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione, sezione IV penale, con sentenza n. 16694/2021 del 13.4.2021.

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Bancarotta fraudolenta e prestanome

Bancarotta fraudolenta e prestanomeLa S.C. di Cassazione con sentenza 7240/2021 si è pronunciata in tema di estraneità dell’amministratore di diritto (prestanome o “testa di legno”) rispetto al reato di bancarotta fraudolenta.

In particolare la Corte ha avuto modo di affermare che la giovane età del prevenuto e la sua estraneità alla gestione della società (ritratta sia dalla procura generale subito affidata al padre, sia dal tenore e dal contenuto delle conversazioni intercettate) fossero elementi che, allo stato delle acquisizioni, non consentissero di concludere per la piena consapevolezza del medesimo che il mero incasso degli emolumenti, peraltro in buona parte restituiti, sempre al padre, avesse una sicura natura distrattiva, costituendo un concreto pericolo per l’integrità del patrimonio della società.

E’ stato inoltre ribadito che, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del conseguente dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763).

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Guida in stato di ebbrezza: no alla riduzione della sospensione della patente per i casi lievi

guida in stato di ebbrezzaLa Corte Costituzionale con sentenza n. 62 dell’8.4.2021 ha dichiarato che non è possibile estendere il beneficio della riduzione alla metà della sanzione a seguito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, previsto per i casi più gravi di guida in stati ebbrezza (lettere b) e c) dell’art. 186 co. 2 C.d.S.), alle ipotesi più lievi (lettera a) del medesimo articolo).

La questione di legittimità costituzionale riguardava l’art. 186 co. 9bis del Codice della Strada, nella parte in cui non prevede un istituto o una prestazione che consenta alle persone incorse nella violazione dell’art. 186, comma 2, lett. a), C.d.S., di beneficiare della riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, parimenti a quanto previsto per le ipotesi di cui alle successive lettere b) e c) dello stesso comma, per contrasto con l’art. 3 Cost., e con l’art. 29, co. 2, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948.

Sostanzialmente era stata sollevata l’incongruenza tra la posizione finale del trasgressore della fattispecie di cui all’art. 186, comma 2, lett. a), sanzionato in ogni caso con la sospensione della patente di guida da tre a sei mesi, e la posizione finale del trasgressore della più grave fattispecie punita dalla lett. b), come risultante dall’esito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità che comporta, beneficiando della riduzione alla metà, una identica misura minima di tre mesi di sospensione della patente.

La Consulta ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sul presupposto che la possibilità di sostituzione della pena è prevista solo per le fattispecie aventi rilevanza penali (e dunque le lettere b) e c) dell’art. 186 co. 2 C.d.S.) e non già per le violazioni amministrative come l’ipotesi di cui all’art. 186 co. 2 lett. a) C.d.S.

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