Firmato il DPCM 3.11.2020 con le nuove misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica.
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Il Consiglio dei Ministri, ha approvato un decreto-legge (137 del 28.10.2020 – clicca qui per il testo integrale) che introduce ulteriori misure urgenti per la tutela della salute e per il sostegno ai lavoratori e ai settori produttivi, nonché in materia di giustizia e sicurezza connesse all’epidemia da COVID-19.
Il testo interviene con uno stanziamento di 5,4 miliardi di euro in termini di indebitamento netto e 6,2 miliardi in termini di saldo da finanziare, destinati al ristoro delle attività economiche interessate, direttamente o indirettamente, dalle restrizioni disposte a tutela della salute, nonché al sostegno dei lavoratori in esse impiegati.
Tra le principali misure introdotte:
Le imprese dei settori oggetto delle nuove restrizioni riceveranno contributi a fondo perduto con la stessa procedura già utilizzata dall’Agenzia delle entrate in relazione ai contributi previsti dal decreto “Rilancio” (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34).
La platea dei beneficiari includerà anche le imprese con fatturato maggiore di 5 milioni di euro (con un ristoro pari al 10 per cento del calo del fatturato). Potranno presentare la domanda anche le attività che non hanno usufruito dei precedenti contributi, mentre è prevista l’erogazione automatica sul conto corrente, entro il 15 novembre, per chi aveva già fatto domanda in precedenza.
L’importo del beneficio varierà dal 100 per cento al 400 per cento di quanto previsto in precedenza, in funzione del settore di attività dell’esercizio.
Con un intervento da 1,6 miliardi complessivi, vengono disposte ulteriori 6 settimane di Cassa integrazione ordinaria, in deroga e di assegno ordinario legate all’emergenza COVID-19, da usufruire tra il 16 novembre 2019 e il 31 gennaio 2021 da parte delle imprese che hanno esaurito le precedenti settimane di Cassa integrazione e da parte di quelle soggette a chiusura o limitazione delle attività economiche.
È prevista un’aliquota contributiva addizionale differenziata sulla base della riduzione di fatturato. La Cassa è gratuita per i datori di lavoro che hanno subito una riduzione di fatturato pari o superiore al 20%, per chi ha avviato l’attività dopo il 1° gennaio 2019 e per le imprese interessate dalle restrizioni.
Viene riconosciuto un esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai datori di lavoro (con esclusione del settore agricolo) che hanno sospeso o ridotto l’attività a causa dell’emergenza COVID, per un periodo massimo di 4 mesi, fruibili entro il 31 maggio 2021.
L’esonero è determinato in base alla perdita di fatturato ed è pari:
Il credito d’imposta sugli affitti viene esteso ai mesi di ottobre, novembre e dicembre ed allargato alle imprese con ricavi superiori ai 5 milioni di euro che abbiano subito un calo del fatturato del 50%. Il relativo credito è cedibile al proprietario dell’immobile locato.
La seconda rata dell’IMU 2020 relativa agli immobili e alle pertinenze in cui si svolgono le loro attività è cancellata per le categorie interessate dalle restrizioni.
Sono previste:
7 Fondi di sostegno per alcuni dei settori più colpiti
È stanziato complessivamente 1 miliardo per il sostegno nei confronti di alcuni settori colpiti:
A tutti coloro che ne avevano già diritto e a chi nel mese di settembre ha avuto un valore del reddito familiare inferiore all’importo del beneficio verranno erogate due mensilità del Reddito di emergenza.
È riconosciuta un’ulteriore indennità destinata a tutti i lavoratori del settore sportivo che avevano già ricevuto le indennità previste dai decreti “Cura Italia” (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18) e “Rilancio” (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34). L’importo è aumentato da 600 a 800 euro.
Per far fronte alle difficoltà delle associazioni e società sportive dilettantistiche viene istituito un apposito Fondo le cui risorse verranno assegnate al Dipartimento per lo sport.
Il Fondo viene finanziato per 50 milioni di euro per il 2020 per l’adozione di misure di sostegno e ripresa delle associazioni e società sportive dilettantistiche che hanno cessato o ridotto la propria attività, tenendo conto del servizio di interesse generale che queste associazioni svolgono, soprattutto per le comunità locali e i giovani.
Viene istituito un fondo da 100 milioni di euro per sostenere le imprese delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura interessate dalle misure restrittive.
Il sostegno viene effettuato attraverso la concessione di contributi a fondo perduto a chi ha avviato l’attività dopo il 1° gennaio 2019 e a chi ha subito un calo del fatturato superiore al 25% nel novembre 2020 rispetto al novembre 2019.
È previsto un insieme di interventi per rafforzare ulteriormente la risposta sanitaria del nostro Paese nei confronti dell’emergenza Coronavirus. Tra questi:
Il decreto prevede anche specifiche misure per il settore giustizia. Tra l’altro, si introducono disposizioni:
Un agente di Polizia, libero dal servizio ma in divisa, a bordo di autovettura civile, può affiancare una vettura, intimarne l’ALT e contestare al guidatore delle violazioni del codice della strada.
La Corte di Cassazione sezione II civile con ordinanza 20529/2020 ha stabilito che ciò non costituisce violazione o falsa applicazione dell’art. 24 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada.
Tale norma dispone: «Gli organi di polizia stradale in uniforme possono intimare l’ALT, oltre che con il distintivo, anche facendo uso di fischietto o con segnale manuale o luminoso».
L’articolo, nel consentire agli agenti di polizia stradale in uniforme di intimare l’ALT manuale, si riferisce a fattispecie nella quali la divisa e il distintivo siano chiaramente percepibili dal soggetto destinatario dell’ordine.
La S.C. nell’affermare la legittimità della contestazione da parte dell’agente fuori servizio, precisa altresì che:
Il Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza 9 luglio 2020, n. 4401 ha statuito che qualora la stazione appaltante sia un organismo di diritto pubblico avente la forma della società per azioni, la competenza – ai sensi dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 – ad adottare il provvedimento di esclusione dell’operatore economico dalla gara sussiste oltre che in capo al RUP, anche in capo all’organo che riveste, nella stazione appaltante, un ruolo apicale.
Il dubbio derivava anche da una precedente pronuncia del Consiglio di Stato in cui era stato dichiarato che “l’art. 31, comma 5, d.lgs. n. 50 cit. riconosce, infatti, la competenza generale del R.u.p. a svolgere tutti i compiti (id est, ad adottare tutti gli atti della procedura)” evidenziando, dunque, la possibilità che questi non compia soltanto operazioni di carattere materiale, ma svolga anche attività giuridica esternata in veri e propri atti (Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020 n. 1104).
Tuttavia, proprio il precedente richiamato, dopo aver ricordato che “è stata ritenuta la competenza del R.u.p. all’adozione del provvedimento di esclusione dalla procedura di gara degli operatori economici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2018, n. 5371; III, 19 giugno 2017, n. 2983; V, 6 maggio 2015, n. 2274; V, 21 novembre 2014, n. 5760)“, da parte del giudice amministrativo, ha altresì evidenziato che, sul piano del diritto positivo, con riferimento al provvedimento di esclusione dalla procedura, l’art. 80 applicabile al caso da decidere “individua nella “stazione appaltante” il soggetto tenuto ad adottare il provvedimento di esclusione dell’operatore economico“.
E dunque il riferimento alla “stazione appaltante”, contemplata dalla norma nella sua “unitarietà” (non venendo indicato puntualmente questo o quell’organo) consente di ravvisare la competenza all’esternazione dell’atto scrutinato anche in capo all’organo della stazione appaltante che, istituzionalmente, assume la posizione apicale. Sia in base ai principi del diritto societario (quanto la stazione appaltante è una S.p.A.) sia in base ai principi del diritto amministrativo (la S.p.A. è qualificabile come organismo di diritto pubblico, altrimenti non sarebbe tenuta al rispetto delle norme sull’evidenza pubblica) competente ad esprimere ed esternare la volontà dell’ente è l’organo di vertice, ossia l’amministratore delegato-organo apicale dell’ente, cosicché il precetto dell’art. 80, che imputa la decisione sull’esclusione dei partecipanti alla gara “alla stazione appaltante” può dirsi pienamente rispettato.
La soluzione proposta, peraltro, non contrasta con il su richiamato orientamento, poiché esso si riferisce, specificamente, alla diversa questione della competenza all’adozione del provvedimento di esclusione fra R.U.P., quale organo ordinario della stazione appaltante con competenza estesa e residuale su tutti gli aspetti della gara, e commissione giudicatrice, quale organo straordinario e deputata ad un’attività di giudizio “consistente nella” e “limitata alla” “valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico in qualità di organo straordinario e temporaneo della stazione appaltante con funzioni istruttorie” e, quindi, a specifici compiti, non certo di rappresentanza dell’ente.
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La S.C. di Cassazione con sentenza 14712/2020 depositata il 10.7.2020 ha avuto modo di affermare che l’imposizione dell’onere del preconfezionamento soltanto a carico del rivenditore di pane ottenuto mediante completamento della cottura di prodotto parzialmente cotto in precedenza e surgelato, e non anche al rivenditore di pane fresco, non costituisce un trattamento irragionevolmente differenziato di situazioni analoghe e non si risolve in una ingiusta discriminazione, e limitazione nell’accesso al mercato, per il primo operatore rispetto al secondo.
La sentenza della Corte di appello di Trieste aveva ritenuto non equivalenti le diverse situazioni del rivenditore del pane fresco e del prodotto ottenuto mediante il completamento della cottura di pane precotto e surgelato, affermando che “… non si rinviene nelle norme contestate alcuna violazione della libertà di iniziativa economica provata, trattandosi di questioni relative alle modalità di vendita di prodotti disomogenei che non determinano limitazioni all’importazione e/o alla messa in commercio degli stessi né restrizioni alla libertà d’impresa, dovendosi peraltro la stessa contemperare con i generali diritti del consumatore, tali da porsi quale possibile limite di utilità sociale. Sicché, proprio in virtù della diversità di panificazioni e della necessità di consentire al consumatore di conoscere le caratteristiche di ogni tipo al fine di effettuare con libertà una scelta oculata tra diversi tipi di pane, la normativa contestata appare logica e coerente con i principi costituzionali” e che “… il legislatore italiano, al duplice fine di eliminare elementi di concorrenza in danno della panificazione tradizionale … e, soprattutto, per consentire al consumatore di accedere ad informazioni corrette sulla qualità del pane da acquistare, anche in ossequio a quanto disposto dall’art.50 della L. n.146/1992, ha posto l’accento sulla differenza tra “pane fresco”, inteso come pane prodotto secondo un processo di produzione unico e continuo nell’arco della giornata, e “pane conservato”, il cui processo di produzione è connotato da interruzioni finalizzate al congelamento e il cui completamento di cottura è posticipato (v. l’art.4 della L. n.248/2006)”.
I ricorrenti avevano ricorso in Cassazione assumendo che la mera diversità della tecnica di panificazione, rispettivamente del prodotto ottenuto dal completamento della cottura di pane precotto e surgelato, da una parte, e del pane fresco, dall’altra parte, non costituirebbe elemento sufficiente a giustificare il trattamento diversificato dei due prodotti finali, identica essendo l’esigenza di tutela del consumatore. Peraltro, la stessa decisione impugnata darebbe atto, ad avviso dei ricorrenti, che la vera ratio della differenza di trattamento tra i rivenditori di pane fresco e ottenuto dal completamento di prodotto precotto e surgelato risiederebbe nell’esigenza di eliminare elementi di concorrenza in danno della panificazione artigianale.
Infine, i ricorrenti allegano che i documenti prodotti sin dal primo grado del giudizio di merito evidenziavano che il rivenditore aveva provveduto a rispettare la normativa in tema di etichettatura e informazione del consumatore, apponendo tutte le informazioni relative alla tipologia del prodotto sia sugli scaffali destinati alla sua vendita che sulle etichette stampate dalla bilancia in uso alla clientela.
Secondo la Suprema Corte tale doglianza è infondata poiché la diversificazione del trattamento tra pane fresco e pane ottenuto da prodotto precotto e surgelato non si fonda soltanto su motivazioni economiche (e in particolare, sull’esigenza di eliminare elementi di concorrenza in danno della panificazione artigianale) ma sul collegamento tra la ratio di tale trattamento differenziato, le oggettive differenze del processo produttivo del pane, e l’esigenza del consumatore ad una informazione precisa e puntuale sul prodotto acquistato.
In altri termini una cosa è l’acquisto di pane ottenuto da un processo produttivo unitario completato in una sola giornata (il cosiddetto “pane fresco”), ed altro è l’acquisto di pane ottenuto da un processo produttivo che viene interrotto per consentire il surgelamento del prodotto in vista di un posticipato completamento della sua cottura (il cosiddetto “pane conservato”).
Il consumatore ha il diritto di ottenere una informazione specifica e precisa circa i due differenti prodotti, onde non può affermarsi che il primo corrisponda al secondo, né che -per logica conseguenza- sussista una violazione dei principi di cui agli artt.3 e 41 Cost. in relazione al trattamento diversificato che la legge prevede, soprattutto in vista della tutela del consumatore, per il prodotto finale derivante dai due diversi processi produttivi.
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