Approvato il “Decreto Ristori”

decreto ristoriIl Consiglio dei Ministri, ha approvato un decreto-legge (137 del 28.10.2020 – clicca qui per il testo integrale) che introduce ulteriori misure urgenti per la tutela della salute e per il sostegno ai lavoratori e ai settori produttivi, nonché in materia di giustizia e sicurezza connesse all’epidemia da COVID-19.

Il testo interviene con uno stanziamento di 5,4 miliardi di euro in termini di indebitamento netto e 6,2 miliardi in termini di saldo da finanziare, destinati al ristoro delle attività economiche interessate, direttamente o indirettamente, dalle restrizioni disposte a tutela della salute, nonché al sostegno dei lavoratori in esse impiegati.

Tra le principali misure introdotte:

  1. Contributi a fondo perduto 

Le imprese dei settori oggetto delle nuove restrizioni riceveranno contributi a fondo perduto con  la stessa procedura già utilizzata dall’Agenzia delle entrate in relazione ai contributi previsti dal decreto “Rilancio” (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34).

La platea dei beneficiari includerà anche le imprese con fatturato maggiore di 5 milioni di euro (con un ristoro pari al 10 per cento del calo del fatturato). Potranno presentare la domanda anche le attività che non hanno usufruito dei precedenti contributi, mentre è prevista l’erogazione automatica sul conto corrente, entro il 15 novembre, per chi aveva già fatto domanda in precedenza.
L’importo del beneficio varierà dal 100 per cento al 400 per cento di quanto previsto in precedenza, in funzione del settore di attività dell’esercizio.

  1. Proroga della cassa integrazione

Con un intervento da 1,6 miliardi complessivi, vengono disposte ulteriori 6 settimane di Cassa integrazione ordinaria, in deroga e di assegno ordinario legate all’emergenza COVID-19, da usufruire tra il 16 novembre 2019 e il 31 gennaio 2021 da parte delle imprese che hanno esaurito le precedenti settimane di Cassa integrazione e da parte di quelle soggette a chiusura o limitazione delle attività economiche.

È prevista un’aliquota contributiva addizionale differenziata sulla base della riduzione di fatturato. La Cassa è gratuita per i datori di lavoro che hanno subito una riduzione di fatturato pari o superiore al 20%, per chi ha avviato l’attività dopo il 1° gennaio 2019 e per le imprese interessate dalle restrizioni.

  1. Esonero dal versamento dei contributi previdenziali

Viene riconosciuto un esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai datori di lavoro (con esclusione del settore agricolo) che hanno sospeso o ridotto l’attività a causa dell’emergenza COVID, per un periodo massimo di 4 mesi, fruibili entro il 31 maggio 2021.

L’esonero è determinato in base alla perdita di fatturato ed è pari:

  • al 50% dei contributi previdenziali per i datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato inferiore al 20%;
  • al 100% dei contributi previdenziali per i datori che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%.
  1. Credito d’imposta sugli affitti

Il credito d’imposta sugli affitti viene esteso ai mesi di ottobre, novembre e dicembre ed allargato alle imprese con ricavi superiori ai 5 milioni di euro che abbiano subito un calo del fatturato del 50%. Il relativo credito è cedibile al proprietario dell’immobile locato.

  1. Cancellazione della seconda rata IMU

La seconda rata dell’IMU 2020 relativa agli immobili e alle pertinenze in cui si svolgono le loro attività è cancellata per le categorie interessate dalle restrizioni.

  1. Misure per i lavoratori dello spettacolo e del turismo

Sono previste:

  • una indennità di 1.000 euro per tutti i lavoratori autonomi e intermittenti dello spettacolo;
  • la proroga della cassa integrazione e indennità speciali per il settore del turismo.

7 Fondi di sostegno per alcuni dei settori più colpiti

È stanziato complessivamente 1 miliardo per il sostegno nei confronti di alcuni settori colpiti:

  • 400 milioni per agenzie di viaggio e tour operator;
  • 100 milioni per editoria, fiere e congressi;
  • 100 milioni di euro per il sostegno al settore alberghiero e termale;
  • 400 milioni di euro per il sostegno all’export e alle fiere internazionali.
  1. Reddito di emergenza

A tutti coloro che ne avevano già diritto e a chi nel mese di settembre ha avuto un valore del reddito familiare inferiore all’importo del beneficio verranno erogate due mensilità del Reddito di emergenza.

  1. Indennità da 800 euro per i lavoratori del settore sportivo

È riconosciuta un’ulteriore indennità destinata a tutti i lavoratori del settore sportivo che avevano già ricevuto le indennità previste dai decreti “Cura Italia” (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18) e “Rilancio” (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34). L’importo è aumentato da 600 a 800 euro.

  1. Sostegno allo sport dilettantistico

Per far fronte alle difficoltà delle associazioni e società sportive dilettantistiche viene istituito un apposito Fondo le cui risorse verranno assegnate al Dipartimento per lo sport.

Il Fondo viene finanziato per 50 milioni di euro per il 2020 per l’adozione di misure di sostegno e ripresa delle associazioni e società sportive dilettantistiche che hanno cessato o ridotto la propria attività, tenendo conto del servizio di interesse generale che queste associazioni svolgono, soprattutto per le comunità locali e i giovani.

  1. Contributo a fondo perduto per le filiere di agricoltura e pesca

Viene istituito un fondo da 100 milioni di euro per sostenere le imprese delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura interessate dalle misure restrittive.

Il sostegno viene effettuato attraverso la concessione di contributi a fondo perduto a chi ha avviato l’attività dopo il 1° gennaio 2019 e a chi ha subito un calo del fatturato superiore al 25% nel novembre 2020 rispetto al novembre 2019.

  1. Salute e sicurezza

È previsto un insieme di interventi per rafforzare ulteriormente la risposta sanitaria del nostro Paese nei confronti dell’emergenza Coronavirus. Tra questi:

  • lo stanziamento dei fondi necessari per la somministrazione di 2 milioni di tamponi rapidi presso i medici di famiglia;
  • l’istituzione presso il Ministero della salute del Servizio nazionale di risposta telefonica per la sorveglianza sanitaria e le attività di contact tracing.
  1. Giustizia

Il decreto prevede anche specifiche misure per il settore giustizia. Tra l’altro, si introducono disposizioni:

  • per l’utilizzo di collegamenti da remoto per l’espletamento di specifiche attività legate alle indagini preliminari e, in ambito sia civile che penale, alle udienze;
  • per la semplificazione del deposito di atti, documenti e istanze.

 

Contestazione dell’agente fuori servizio

polizia fuori servizioUn agente di Polizia, libero dal servizio ma in divisa, a bordo di autovettura civile, può affiancare una vettura, intimarne l’ALT e contestare al guidatore delle violazioni del codice della strada.

La Corte di Cassazione sezione II civile con ordinanza 20529/2020 ha stabilito che ciò non costituisce violazione o falsa applicazione dell’art. 24 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada.

Tale norma dispone: «Gli organi di polizia stradale in uniforme possono intimare l’ALT, oltre che con il distintivo, anche facendo uso di fischietto o con segnale manuale o luminoso».

L’articolo, nel consentire agli agenti di polizia stradale in uniforme di intimare l’ALT manuale, si riferisce a fattispecie nella quali la divisa e il distintivo siano chiaramente percepibili dal soggetto destinatario dell’ordine.

La S.C. nell’affermare la legittimità della contestazione da parte dell’agente fuori servizio, precisa altresì che:

  1. l’operazione di accertamento delle infrazioni stradali si dipana in tre momenti, cioè contestazione, verbalizzazione, consegna della copia del verbale;
  2. la contestazione deve essere immediata, per l’effetto ogni qualvolta sia possibile, essa non può essere omessa, a pena d’illegittimità dei successivi atti dello stesso procedimento;
  3. l’art. 201 C.d.S. contempla l’eventualità che l’immediata contestazione dell’infrazione non risulti in concreto possibile e statuisce che, in tale ipotesi, il verbale debba essere notificato al trasgressore con l’indicazione della circostanza impeditiva;
  4. la “verbalizzazione” è operazione distinta e successiva, rispetto alla già “avvenuta” contestazione;
  5. il c. 3 dell’art. 200 C.d.S. statuisce che copia del verbale deve essere consegnata al trasgressore;
  6. la contestazione deve ritenersi immediatamente avvenuta, pur se la consegna del verbale (per validi motivi) non segua nel medesimo contesto di tempo, se il contravventore sia stato fermato ed il pubblico ufficiale gli abbia indicato la violazione commessa e lo abbia posto in grado di formulare le proprie osservazioni (Cass. 14668/2008).

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Sulla competenza a escludere dalla gara

rup e organo apicaleIl Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza 9 luglio 2020, n. 4401 ha statuito che qualora la stazione appaltante sia un organismo di diritto pubblico avente la forma della società per azioni, la competenza – ai sensi dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 – ad adottare il provvedimento di esclusione dell’operatore economico dalla gara sussiste oltre che in capo al RUP, anche in capo all’organo che riveste, nella stazione appaltante, un ruolo apicale.
Il dubbio derivava anche da una precedente pronuncia del Consiglio di Stato in cui era stato dichiarato che “l’art. 31, comma 5, d.lgs. n. 50 cit. riconosce, infatti, la competenza generale del R.u.p. a svolgere tutti i compiti (id est, ad adottare tutti gli atti della procedura)” evidenziando, dunque, la possibilità che questi non compia soltanto operazioni di carattere materiale, ma svolga anche attività giuridica esternata in veri e propri atti (Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020 n. 1104).
Tuttavia, proprio il precedente richiamato, dopo aver ricordato che “è stata ritenuta la competenza del R.u.p. all’adozione del provvedimento di esclusione dalla procedura di gara degli operatori economici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2018, n. 5371; III, 19 giugno 2017, n. 2983; V, 6 maggio 2015, n. 2274; V, 21 novembre 2014, n. 5760)“, da parte del giudice amministrativo, ha altresì evidenziato che, sul piano del diritto positivo, con riferimento al provvedimento di esclusione dalla procedura, l’art. 80 applicabile al caso da decidere “individua nella “stazione appaltante” il soggetto tenuto ad adottare il provvedimento di esclusione dell’operatore economico“.
E dunque il riferimento alla “stazione appaltante”, contemplata dalla norma nella sua “unitarietà” (non venendo indicato puntualmente questo o quell’organo) consente di ravvisare la competenza all’esternazione dell’atto scrutinato anche in capo all’organo della stazione appaltante che, istituzionalmente, assume la posizione apicale. Sia in base ai principi del diritto societario (quanto la stazione appaltante è una S.p.A.) sia in base ai principi del diritto amministrativo (la S.p.A. è qualificabile come organismo di diritto pubblico, altrimenti non sarebbe tenuta al rispetto delle norme sull’evidenza pubblica) competente ad esprimere ed esternare la volontà dell’ente è l’organo di vertice, ossia l’amministratore delegato-organo apicale dell’ente, cosicché il precetto dell’art. 80, che imputa la decisione sull’esclusione dei partecipanti alla gara “alla stazione appaltante” può dirsi pienamente rispettato.
La soluzione proposta, peraltro, non contrasta con il su richiamato orientamento, poiché esso si riferisce, specificamente, alla diversa questione della competenza all’adozione del provvedimento di esclusione fra R.U.P., quale organo ordinario della stazione appaltante con competenza estesa e residuale su tutti gli aspetti della gara, e commissione giudicatrice, quale organo straordinario e deputata ad un’attività di giudizio “consistente nella” e “limitata alla” “valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico in qualità di organo straordinario e temporaneo della stazione appaltante con funzioni istruttorie” e, quindi, a specifici compiti, non certo di rappresentanza dell’ente.
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Il pane precotto deve essere confezionato?

pane fresco precotto confezionamentoLa S.C. di Cassazione con sentenza 14712/2020 depositata il 10.7.2020 ha avuto modo di affermare che l’imposizione dell’onere del preconfezionamento soltanto a carico del rivenditore di pane ottenuto mediante completamento della cottura di prodotto parzialmente cotto in precedenza e surgelato, e non anche al rivenditore di pane fresco, non costituisce un trattamento irragionevolmente differenziato di situazioni analoghe e non si risolve in una ingiusta discriminazione, e limitazione nell’accesso al mercato, per il primo operatore rispetto al secondo.
La sentenza della Corte di appello di Trieste aveva ritenuto non equivalenti le diverse situazioni del rivenditore del pane fresco e del prodotto ottenuto mediante il completamento della cottura di pane precotto e surgelato, affermando che “… non si rinviene nelle norme contestate alcuna violazione della libertà di iniziativa economica provata, trattandosi di questioni relative alle modalità di vendita di prodotti disomogenei che non determinano limitazioni all’importazione e/o alla messa in commercio degli stessi né restrizioni alla libertà d’impresa, dovendosi peraltro la stessa contemperare con i generali diritti del consumatore, tali da porsi quale possibile limite di utilità sociale. Sicché, proprio in virtù della diversità di panificazioni e della necessità di consentire al consumatore di conoscere le caratteristiche di ogni tipo al fine di effettuare con libertà una scelta oculata tra diversi tipi di pane, la normativa contestata appare logica e coerente con i principi costituzionali” e che “… il legislatore italiano, al duplice fine di eliminare elementi di concorrenza in danno della panificazione tradizionale … e, soprattutto, per consentire al consumatore di accedere ad informazioni corrette sulla qualità del pane da acquistare, anche in ossequio a quanto disposto dall’art.50 della L. n.146/1992, ha posto l’accento sulla differenza tra “pane fresco”, inteso come pane prodotto secondo un processo di produzione unico e continuo nell’arco della giornata, e “pane conservato”, il cui processo di produzione è connotato da interruzioni finalizzate al congelamento e il cui completamento di cottura è posticipato (v. l’art.4 della L. n.248/2006)”.
I ricorrenti avevano ricorso in Cassazione assumendo che la mera diversità della tecnica di panificazione, rispettivamente del prodotto ottenuto dal completamento della cottura di pane precotto e surgelato, da una parte, e del pane fresco, dall’altra parte, non costituirebbe elemento sufficiente a giustificare il trattamento diversificato dei due prodotti finali, identica essendo l’esigenza di tutela del consumatore. Peraltro, la stessa decisione impugnata darebbe atto, ad avviso dei ricorrenti, che la vera ratio della differenza di trattamento tra i rivenditori di pane fresco e ottenuto dal completamento di prodotto precotto e surgelato risiederebbe nell’esigenza di eliminare elementi di concorrenza in danno della panificazione artigianale.
Infine, i ricorrenti allegano che i documenti prodotti sin dal primo grado del giudizio di merito evidenziavano che il rivenditore aveva provveduto a rispettare la normativa in tema di etichettatura e informazione del consumatore, apponendo tutte le informazioni relative alla tipologia del prodotto sia sugli scaffali destinati alla sua vendita che sulle etichette stampate dalla bilancia in uso alla clientela.
Secondo la Suprema Corte tale doglianza è infondata poiché la diversificazione del trattamento tra pane fresco e pane ottenuto da prodotto precotto e surgelato non si fonda soltanto su motivazioni economiche (e in particolare, sull’esigenza di eliminare elementi di concorrenza in danno della panificazione artigianale) ma sul collegamento tra la ratio di tale trattamento differenziato, le oggettive differenze del processo produttivo del pane, e l’esigenza del consumatore ad una informazione precisa e puntuale sul prodotto acquistato.
In altri termini una cosa è l’acquisto di pane ottenuto da un processo produttivo unitario completato in una sola giornata (il cosiddetto “pane fresco”), ed altro è l’acquisto di pane ottenuto da un processo produttivo che viene interrotto per consentire il surgelamento del prodotto in vista di un posticipato completamento della sua cottura (il cosiddetto “pane conservato”).
Il consumatore ha il diritto di ottenere una informazione specifica e precisa circa i due differenti prodotti, onde non può affermarsi che il primo corrisponda al secondo, né che -per logica conseguenza- sussista una violazione dei principi di cui agli artt.3 e 41 Cost. in relazione al trattamento diversificato che la legge prevede, soprattutto in vista della tutela del consumatore, per il prodotto finale derivante dai due diversi processi produttivi.
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Padre violento nel paese d’origine: no allo stato di rifugiato

rifugiato Gambia padre violentoNon sussistono i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria e umanitaria ex art. 7 del decreto legislativo n. 251/2007, nel caso di un cittadino del Gambia che abbia dichiarato:
a) di avere lasciato il proprio paese perché il padre era un alcolista che picchiava lui e la madre;
b) che ha dovuto subire molte violenze psico-fisiche e tra queste il ballo delle scimmie;
c) che era andato via di casa e si era rifugiato a casa di amici e che la madre gli aveva detto che il padre stava organizzando qualcosa di brutto in suo danno;
d) di non avere chiesto aiuto alle autorità perché era inutile.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso e ha affermato:
1) che dal narrato emergeva un conflitto privatistico e che non sussisteva una vessazione o repressione violenta;
2) che non sussistevano ipotesi di danno grave e non si ravvisava nel Paese di provenienza la presenza di un conflitto armato interno da cui potesse conseguire violenza indiscriminata tale da comportare una minaccia individualizzata a danno del ricorrente;
3) che non sussistevano, infine, profili di vulnerabilità, né si poteva dire attuato un percorso di integrazione socio-economica riscontrato con la documentazione depositata e, in particolare, che il contratto prodotto aveva una durata assai esigua e comunque era scaduto.
La S.C. di Cassazione con sentenza 14842/2020 del 10.7.2020 ha confermato che non esistono nel caso in cui si discute situazioni di persecuzione intesa quale vessazione o repressione violenta implacabile e che “se è vero che sono da intendersi atti di persecuzione quelli specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l’infanzia e gli atti di violenza fisica o psichica, è altrettanto vero che, ai fini del riconoscimento della tutela richiesta, sono necessari altri elementi”.
Prosegue la S.C. affermando che al riguardo, è lo stesso legislatore che depone per un’ulteriore e necessaria connotazione, quando afferma che gli atti di persecuzione devono essere sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali e tali da dare origine al fondato timore di persecuzione personale e diretta nel Paese d’origine del richiedente, a causa della razza, della religione, della nazionalità, dell’appartenenza ad un gruppo sociale ovvero per le opinioni politiche professate (artt. 1, lett. a e 15, paragrafo 2, della CEDU; art. 2, comma 2, lett. e), del decreto legislativo n. 251/2007).
Non secondario il fatto che il ricorrente abbia affermato di non essersi mai rivolto alla polizia o al capo villaggio per chiedere protezione, sicché non era da escludere che le stesse autorità gli avrebbero fornito adeguata tutela.
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