Linee guida ANAC in tema di whistleblowing

Con l’efficacia dal 15 luglio del decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24 che ha recepito in Italia la Direttiva UE riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, i cosiddetti whistleblower, entrano in vigore le nuove Linee guida Anac volte a dare indicazioni per la presentazione all’Autorità delle segnalazioni esterne e per la relativa gestione.

Le nuove Linee Guida forniscono indicazioni e princìpi di cui gli enti pubblici e privati possono tener conto per i propri canali e modelli organizzativi interni, su cui Anac si riserva di adottare successivi atti di indirizzo.

Pubblicato anche il nuovo  Regolamento per la gestione delle segnalazioni esterne e per l’esercizio del potere sanzionatorio Anac.

Scarica qui la nostra newsletter.

Clausole abusive: il tramonto del giudicato

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la Sentenza n.9479 del 6 aprile 2023 si sono pronunciate in ordine al fatto se un decreto ingiuntivo non opposto e quindi passato in giudicato, basato su clausole abusive ai danni di un consumatore sia ormai definitivamente incontestabile o se soccorrano mezzi di tutela a favore del consumatore.

La vicenda prende le mosse da una questione di normativa europea, oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale, in merito al superamento del giudicato implicito nel provvedimento monitorio e delle possibili soluzioni per adattare gli istituti dell’ordinamento interno secondo le indicazioni della Corte di Giustizia Europea.

La Corte Europea con quattro sentenze emesse il 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-831/19, causa C-725/19, causa C-600/19 e causa C-869/19), in applicazione della disciplina prevista dalla direttiva europea 93/13/CEE a tutela della categoria dei consumatori, ha ritenuto superabile la definitività del decreto ingiuntivo non opposto rispetto al diritto in esso accertato in presenza di clausole abusive ed ha disposto che tutti gli Stati Membri debbano assicurare le misure idonee al fine di garantire la piena tutela riconosciuta dalla direttiva in questione

Tale direttiva sancisce all’art. 6 che “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché il consumatore non sia privato della protezione assicurata dalla presente direttiva a motivo della scelta della legislazione di un paese terzo come legislazione applicabile al contratto, laddove il contratto presenti un legame stretto con il territorio di uno Stato membro” e all’art. 7 che “Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori”.

La giurisprudenza europea, quindi, facendo leva sulla posizione di inferiorità del consumatore, sia dal punto di vista informativo che rispetto al potere negoziale, nei confronti del professionista ha dichiarato contraria ai principi europei la normativa interna che non consente al Giudice dell’Esecuzione di poter rilevare d’ufficio l’eventuale abusività delle clausole del contratto su cui si fonda il diritto di credito accertato nel provvedimento monitorio non opposto.

Questa pronuncia, come è agevole comprendere pone in discussione il principio del giudicato, posto che – secondo la normativa italiana, il decreto ingiuntivo fa stato tra le parti sia sul dedotto (il diritto di credito) sia sul deducibile (il contenuto del contratto).

Ebbene, le Sezioni Unite della Cassazione, con la Sentenza n. 9479 del 6 aprile 2023, hanno deciso che la clausola del contratto resta abusiva anche se il consumatore non si è opposto all’ingiunzione. Spetta quindi al giudice dell’esecuzione controllare se la clausola abbia natura vessatoria.

Nello specifico, le SS.UU. hanno affermato i seguenti principî:

Fase monitoria

Il giudice del monitorio:

a)     deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia;

b)    a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d’ingiunzione:

b1)      potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore;

b2)      ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l’istanza d’ingiunzione;

c)        all’esito del controllo:

c.1)     se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso;

c.2)     se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione;

c.3)     il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.

Fase esecutiva

Il giudice dell’esecuzione:

a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito – di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;

b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;

c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo – informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;

d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito;

(ulteriori evenienze)

e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615, primo comma, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii);

f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva – se del caso rilevando l’abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.

Fase di cognizione

Il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.:

a) una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex art. 649 c.p.c., l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale;

b) procederà, quindi, secondo le forme di rito.

Scarica qui  la sentenza integrale e la nostra newsletter sul punto.

Piano genitoriale, lo schema del CNF

L’art. 473bis 12 c.p.c. introdotto dalla Riforma Cartabia, all’ultimo comma, prevede che “Nei procedimenti relativi ai minori, al ricorso è allegato un piano genitoriale che indica gli impegni e le attività quotidiane dei figli relative alla scuola, al percorso educativo, alle attività extrascolastiche, alle frequentazioni abituali e alle vacanze normalmente godute”.

Il Consiglio Nazionale Forense nella seduta amministrativa del 19 maggio u.s., ha approvato una proposta di schema di piano genitoriale elaborato dalla Commissione per il Diritto di famiglia.

Come indicato nella circolare del CNF (scarica qui) il documento si propone infatti di fornire una “fotografia” della situazione familiare esistente al momento del sopraggiungere della crisi, dando atto delle modalità utilizzate dai genitori per la gestione dei figli minori, nonché della situazione di questi ultimi rispetto alle principali criticità che emergono al momento della rottura del legame, conforme a parametri di chiarezza e sinteticità.

Si tratta di uno strumento da utilizzare in sede di redazione del progetto educativo dei figli, introdotto dalla Riforma Cartabia.

Scarica qui la proposta di schema del piano genitoriale e la nostra newsletter sul punto.

Offese sui social e opinioni politiche

La tematica delle offese sui social network è quanto mai attuale, essendo internet divenuto il mezzo con il quale viene commesso il maggior numero di reati contro l’onore.

La recente sentenza della Cassazione n. 18057/2023 della V sezione penale entra nel merito in ordine ad offese asseritamente giustificate dal contrasto politico.

Il ricorrente sosteneva che le frasi utilizzate non avessero valenza offensiva né contenuto violento, costituendo espressioni dialettali usuali tra persone in confidenza, utilizzate peraltro nei confronti di persona con cui da tempo intercorrevano dissidi verbali a sfondo politico.

Nella fattispecie venivano pubblicate sulla pagina Facebook di un gruppo frasi come “Ignorante libero …. sia personalmente che politicamente (…) la verità è che sei tutto cretino (…) non arrivi a capire perché sei ignorante libero (…) si tu ca un maccaruni senza puttusu (…) certe cazzate scrivile sul tuo sito (…) non tela prendere (…) porta pazienza ma si vede che ti hanno classificato nella categoria sciacqua lattughe

La Corte ha avuto modo di sottolineare come “Nel caso in esame, quindi, il contesto di contrasto politico appare del tutto genericamente evocato, e, in molti casi, del tutto escluso dalla sentenza impugnata, apparendo le frasi e gli epiteti utilizzati non inquadrabili neanche in un contesto di contrapposizione politica, né di dileggio personale tra soggetti legati da vincoli di conoscenza, con conseguente piena integrazione della condotta di diffamazione“.

Tale scelta appare del tutto coerente con la giurisprudenza di legittimità, secondo cui il limite della continenza nel diritto di critica è superato in caso di espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato (cfr. Cass. Sez. 5, n. 320 del 14/10/2021, dep. 10/01/2022, Mihai Traian Claudiu, Rv. 282871; Sez. 5, n. 15089 del 29/11/2019, P.M. c. Cascio Antonino, Rv. 279084; Sez. 5, n. 15060 del 23/02/2011, Dessì e altro, Rv. 250174).

E ancora, prosegue la S.C., “benché determinati epiteti, quali quelli utilizzati dall’imputato, siano entrati nel linguaggio comune o rappresentino modalità verbali colloquiali, nondimeno la loro valenza offensiva non è stata vanificata dall’uso, ma semplicemente attenuata in riferimento, tuttavia, a contesti specifici – quali quelli di tipo colloquiale, personale, tra soggetti legati da vincoli di amicizia e simili -, dovendo ritenersi come la valenza denigratoria insita nel lemma lessicale si riespanda totalmente allorquando l’uso risulti del tutto gratuito, come verificatosi nel caso in esame”.

Scarica qui la sentenza integrale e la nostra newsletter sul punto.

Daspo anche se l’invasione è per chiedere la maglia dei giocatori

Il Comma 2 dell’art. 6bis della Legge 401/1989 stabilisce che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, supera indebitamente una recinzione o separazione dell’impianto ovvero, nel corso delle manifestazioni medesime, invade il terreno di gioco, è punito con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da 1.000 euro a 5.000 euro. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se dal fatto deriva un ritardo rilevante dell’inizio, l’interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica”.

Tale violazione figura tra quelle che consentono ai sensi dell’art. 6 della medesima legge, il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime (c.d. Daspo).

Secondo la sentenza 16136/2023 della III sezione penale della S.C. di Cassazione è legittimo il Daspo adottato nei confronti di tifosi che abbiano scavalcato la recinzione per entrare nel campo dietro alla porta di gioco, anche subito dopo il fischio di chiusura della partita da parte del direttore di gara, siccome anche in tale fase della manifestazione sportiva è vietato l’ingresso ai non addetti nell’area di gioco (Sez. 3, n. 47258 del 19/06/2014, Licari, Rv. 260738-01 e Sez. 6, n. 52172 del 27/09/2017, Rv. 271956-01).

Secondo la S.C., infatti, non rilevano poi i motivi della condotta, tra cui il desiderio di avvicinare i giocatori per ottenere la maglietta a fine partita, perché l’art. 6-bis I. n. 401 del 1989 non ammette esclusioni rispetto al divieto di “indebito superamento della recinzione”.

Scarica qui la sentenza integrale e la nostra newsletter sul punto.