Negli ultimi anni si sta diffondendo sempre di più il fenomeno della cessione dei crediti, garantiti e non garantiti, soprattutto in ambito bancario.
Nella valorizzazione di detti crediti in sede di cessione, la solvenza del debitore e la garanzia del credito ceduto rivestono – come ovvio – particolare importanza.
Laddove tali garanzie siano state dichiarate presenti ma al contrario siano scadute, di minor valore o addirittura inesistenti, si pone il problema dell’inadempimento contrattuale del contratto di cessione.
Con sentenza 11583/2020 del 15.6.2020 la S.C. di Cassazione Sezione III civile ha dichiarato che nel caso di cessione del credito nominalmente assistito da una garanzia reale, qualora quest’ultima risulti nulla, prescritta, estinta o di grado inferiore rispetto a quello indicato dal cedente, il cessionario può agire nei confronti di quest’ultimo ancor prima di aver escusso il debitore ceduto, chiedendo il risarcimento del danno da inadempimento, senza necessità di domandare la risoluzione della cessione, poiché una diminuzione delle garanzie è in sé causativa di un danno patrimoniale immediato ed attuale, corrispondente alla diminuzione del valore di circolazione del credito.
La liquidazione del danno da diminuzione del valore di circolazione del credito ceduto, derivante dalla mancanza di una garanzia reale promessa dal cedente, deve essere parametrata, con giudizio necessariamente equitativo, alla maggiore prevedibile perdita in caso di insolvenza. Tuttavia, qualora il cessionario abbia già riscosso il credito in sede esecutiva e sia rimasto insoddisfatto, la liquidazione del danno per il vizio che rende impossibile escutere la garanzia non può avvenire più secondo un criterio prospettico, ma corrisponde in concreto alla minor somma fra la parte del credito rimasta insoddisfatta e l’importo ulteriore che il creditore avrebbe potuto riscuotere in sede esecutiva se egli avesse potuto espropriare il bene che avrebbe dovuto essere oggetto dell’ipoteca mancante.
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