Reati ambientali: delega di funzioni e obbligo di vigilanza del delegante

rifiuti reati ambientali delega funzioniIn una vicenda inerente reati ambientali (deposito temporaneo di rifiuti ai sensi dell’art. 256 co. 2 d.lgs 152/2006) la S.C. di Cassazione Sezione III penale con sentenza 15941/2020 depositata il 27.5.2020 effettua importanti precisazioni sull’efficacia scriminante della delega di funzioni.
In particolare viene affermato che benché la disciplina normativa in tema di gestione dei rifiuti e di obblighi, anche penalmente sanzionati, che gravano sui soggetti produttori e smaltitori non codifichi espressamente l’istituto della delega di funzioni, la Corte, in analogia ai principi affermati con riguardo ai reati commessi con la violazione delle disposizioni in materia di igiene e prevenzione degli infortuni sul lavoro, ne ha da tempo riconosciuto l’efficacia, precisandone anche gli stringenti requisiti di validità. Si è così affermato che, in materia ambientale, per attribuirsi rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni, è necessaria la compresenza di precisi requisiti:
a) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale;
b) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli;
c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa;
d) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa;
e) l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo (Sez. 3, n. 6420 del 07/11/2007, dep. 2008, Girolimetto, Rv. 238980).
Questi principi – sostanzialmente analoghi a quelli successivamente delineati dal legislatore nell’art. 16 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, con riguardo alla delega di funzioni da parte del datore di lavoro in ordine all’adozione delle misure di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori – vengono invocati dalla S.C. anche in tema di reati ambientali.
Proprio l’analogia con l’istituto fatto oggetto di espressa codificazione, poi, impone di estendere anche alla delega in materia di attuazione delle disposizioni sulla gestione dei rifiuti l’obbligo di vigilanza del delegante «in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite» (art. 16, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008). Si tratta, invero, di una conseguenza connaturata al sistema di responsabilità delineato dalla legge, in termini non dissimili, in capo a chi professionalmente svolga attività costituenti fonte di rischio per beni primari che formano peraltro oggetto di protezione costituzionale, come l’ambiente in senso lato (art. 9, secondo comma, Cost.), la salute (art. 32 Cost.), l’utilità sociale e la sicurezza (art. 41, secondo comma, Cost.), la tutela del suolo (art. 44 Cost.). La posizione di garanzia attribuita dalla legge ai soggetti titolari d’impresa rispetto alla protezione di tali beni nello svolgimento delle attività economiche, la natura contravvenzionale ed il conseguente titolo d’imputazione anche soltanto colposo dei reati posti a presidio di tali beni non consentono di ritenere che l’imprenditore possa chiamarsi fuori dalle responsabilità nei suoi confronti previste (in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, come di gestione dei rifiuti) limitandosi a delegare ad altri l’adempimento degli specifici obblighi di legge, senza vigilare sul corretto espletamento delle funzioni trasferite. Di qui la permanenza della responsabilità penale del delegante che, in caso di commissione di reati colposi da parte del delegato, non abbia ottemperato all’obbligo di vigilanza e controllo (per l’affermazione di tali principi in materia di infortuni sul lavoro, v. Sez. 4, n. 24908 del 29/01/2019, Ferrari, Rv. 276335; Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, Zugno e aa., Rv. 256878).
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Anche la società estera risponde ex d.lgs 231/2001

231 e sede esteroLa sentenza della S.C. di Cassazione, Sezione VI penale, n. 11626 del 7.4.2020 ha stabilito che anche la società avente sede legale all’estero debba rispondere per responsabilità amministrativa dell’ente ex d.lgs. 231/2001.
Secondo la S.C. qualsiasi ente è soggetto all’obbligo di osservare la legge italiana e, in particolare, quella penale.
E ciò a prescindere (a) dalla sua nazionalità, (b) dal luogo ove esso abbia la propria sede legale e (c) dall’esistenza o meno nel Paese di appartenenza di norme che disciplinino in modo analogo la medesima materia.
Pertanto anche l’ente con sede all’estero, se intende vedere esclusa o attenuata la propria responsabilità amministrativa, deve considerarsi tenuto alla predisposizione e all’efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione atti ad impedire la commissione di reati.
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Incostituzionale l’applicazione automatica della sospensione della responsabilità genitoriale

sottrazione minore sospensione potestàLa Corte Costituzionale con sentenza n. 102 depositata il 29.5.2020 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 3 dell’art. 574bis del codice penale nella parte in cui prevede che la condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di sottrazione e mantenimento di minore all’estero comporti necessariamente l’applicazione della pena accessoria della sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporre o meno la sospensione medesima.
La pronuncia si innesta nel solco di altre sentenze della Consulta che hanno dichiarato illegittimi i c.d. automatismi sanzionatori e che hanno dunque stabilito la discrezionalità, e non l’obbligo, per il Giudice di applicare pene accessorie, privilegiando l’apprezzamento del caso concreto.
Ora la pena accessoria dovrà essere applicata dal Giudice mediante l’utilizzo del criterio esclusivo del preminente interesse del minore (ossia valutando se la sospensione della responsabilità genitoriale del responsabile del reato appaia necessaria o utile in chiave di tutela del minore stesso).
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Le Sezioni Unite in tema di illecita concorrenza tramite violenza o minaccia

Cassazione illecita concorrenzaLe Sezioni Unite Penali sono state chiamate a pronunciarsi sulla seguente questione di diritto: “se, ai fini della configurabilità del reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza, sia necessario il compimento di condotte illecite tipicamente concorrenziali o, invece, sia sufficiente anche il solo compimento di atti di violenza o minaccia comunque idonei a contrastare od ostacolare l’altrui libertà di concorrenza”.
Con sentenza 13178 depositata il 28.4.2020 le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto: “ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 513-bis cod. pen. è necessario il compimento di atti di concorrenza che, posti in essere nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale o comunque produttiva, siano connotati da violenza o minaccia e idonei a contrastare od ostacolare la libertà di autodeterminazione dell’impresa concorrente”.
Ciò perché le illecite forme di esercizio della concorrenza incriminate dalla richiamata disposizione minacciano di rimuovere le precondizioni necessarie all’esplicarsi della stessa libertà di funzionamento del mercato, incidendo al contempo sulla libertà delle persone di autodeterminarsi nello svolgimento delle attività produttive.
E’ dunque il libero svolgimento delle iniziative economiche ad essere tutelato, attraverso la sanzione di comportamenti costrittivi o induttivi che possono orientarsi anche sulla libertà di iniziativa delle persone, non più solo sulle cose, come nella condotta contemplata dalla contigua previsione dell’art. 513 cod. pen., che di contro richiede, in alternativa all’uso della violenza, il ricorso a mezzi fraudolenti con il fine di cagionare, in entrambi i casi, l’impedimento o il turbamento dell’esercizio di un’attività industriale o commerciale.
L’idoneità a recare un pregiudizio all’impresa concorrente, contrastandone od ostacolandone la libertà di autodeterminazione, connota la fattispecie dell’art. 513-bis nella sua materialità, poiché costituisce un elemento oggettivo della condotta, a sua volta accompagnata dalla coscienza e volontà di compiere un atto di concorrenza inficiato dal ricorso ai mezzi della violenza o della minaccia, ossia di determinare una situazione di concorrenzialità illecita che rischia obiettivamente di alterare o compromettere l’ordine giuridico del mercato.
Sotto altro profilo, è stato affermato anche che il delitto di illecita concorrenza con violenza o minaccia non può essere assorbito nel delitto di estorsione, trattandosi di norme con diversa collocazione sistematica e preordinate alla tutela di beni giuridici diversi, sicché, ove ricorrano gli elementi costitutivi di entrambi i delitti, si ha il concorso formale degli stessi.
Ciò perché gli elementi che concorrono a descrivere la tipicità del reato di illecita concorrenza impediscono di ritenerne assorbita la condotta nella più grave fattispecie della estorsione (consumata o tentata) in base al criterio di specialità. I due reati, rientranti in una diversa collocazione sistematica, offendono beni giuridici diversi, incidendo nel secondo caso sul patrimonio del soggetto passivo (Sez. 6, n. 6055 del 24/06/2014, dep. 2015, Amato, cit.), con la previsione dell’elemento di fattispecie relativo all’ottenimento di un ingiusto profitto con altrui danno, senza tradursi in una violenta manipolazione dei meccanismi di funzionamento dell’attività economica concorrente (Sez. 2, n. 53139 del 08/11/2016, Cotardo, Rv. 268640).
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Regione Lombardia emana la nuova Ordinanza 555 del 29.5.2020

logo Regione lombardiaIeri sera, 29 maggio 2020, la Regione Lombardia ha emanato la nuova ordinanza 555 che integra le misure approvate dal DPCM del 17 maggio 2020 (clicca qui per consultare il DPCM e i relativi allegati). Le disposizioni riportate nell’Ordinanza di Regione Lombardia sono efficaci dal 1° giugno e hanno validità fino al 14 giugno 2020, salvo dove diversamente indicato.
L’Ordinanza prevede anche la riapertura delle seguenti attività:
• centri massaggi e centri di abbronzatura,
• piscine,
• palestre,
• parchi tematici e di divertimento,
• circoli culturali e ricreativi,
• svolgimento di prove e attività di produzione di spettacoli dal vivo, in assenza di pubblico,
• attività di spettacolo, cinema e teatri (a partire dal 15 giugno),
• servizi per l’infanzia e l’adolescenza (a partire dal 15 giugno)
Vengono inoltre aggiornate le Linee guida con le indicazioni operative per le nuove attività in apertura, e ulteriori aggiornamenti per altre attività tra cui:
• musei, ristoranti, bar, parrucchieri, estetiste e altre attività commerciali;
• esperienze formative di tirocinio anche in presenza, esclusivamente negli ambiti di lavoro ove non sussistono le restrizioni all’esercizio dell’attività;
• attività di addestramento di cani e cavalli e altre specie animali in zone ed aree attrezzate, anche mediante addestratori e centri cinofili;
• censimenti e piani di controllo della fauna selvatica, secondo quanto previsto dalla l.r. 26/1993.
L’ordinanza regionale conferma l’obbligo di indossare mascherine o qualsiasi altro indumento a protezione di naso e bocca, anche all’aperto, tranne nel caso di intense attività motorie o sportive.
Fino al 2 giugno compreso rimangono vietati gli spostamenti verso altre Regioni, se non per esigenze lavorative, di assoluta urgenza o per motivi di salute. In questi casi occorrerà fornire un’autocertificazione.
Per i soggetti sottoposti a quarantena resta il divieto assoluto di muoversi dalla propria abitazione o dimora fino al momento in cui non viene accertata la guarigione.
Le attività economiche e produttive sono consentite a condizione che si rispettino i contenuti dei protocolli o delle linee guida Inail, in modo da assicurare livelli adeguati di protezione per prevenire o ridurre il rischio di contagio. Il mancato rispetto dei protocolli o delle linee guida determina la sospensione dell’attività fino al momento in cui vengono ripristinate le condizioni di sicurezza.
L’Ordinanza Regionale n. 555 conferma, fino al 14 giugno, le prescrizioni e raccomandazioni già previste per i datori di lavoro dall’Ordinanza n. 547 del 17.5.2020, tra cui l’obbligo di misurazione della temperatura di tutti i dipendenti, di comunicare tempestivamente i casi sospetti all’ATS di riferimento, e la raccomandazione di scaricare e utilizzare l’App AllertaLom compilando il questionario “CercaCovid”.
La misurazione della temperatura dei clienti / utenti è fortemente raccomandata, mentre diventa obbligatoria in caso di accesso ad attività di ristorazione con consumazione al tavolo e per l’accesso ai parchi tematici, faunistici e di divertimento.