Il pane precotto deve essere confezionato?

pane fresco precotto confezionamentoLa S.C. di Cassazione con sentenza 14712/2020 depositata il 10.7.2020 ha avuto modo di affermare che l’imposizione dell’onere del preconfezionamento soltanto a carico del rivenditore di pane ottenuto mediante completamento della cottura di prodotto parzialmente cotto in precedenza e surgelato, e non anche al rivenditore di pane fresco, non costituisce un trattamento irragionevolmente differenziato di situazioni analoghe e non si risolve in una ingiusta discriminazione, e limitazione nell’accesso al mercato, per il primo operatore rispetto al secondo.
La sentenza della Corte di appello di Trieste aveva ritenuto non equivalenti le diverse situazioni del rivenditore del pane fresco e del prodotto ottenuto mediante il completamento della cottura di pane precotto e surgelato, affermando che “… non si rinviene nelle norme contestate alcuna violazione della libertà di iniziativa economica provata, trattandosi di questioni relative alle modalità di vendita di prodotti disomogenei che non determinano limitazioni all’importazione e/o alla messa in commercio degli stessi né restrizioni alla libertà d’impresa, dovendosi peraltro la stessa contemperare con i generali diritti del consumatore, tali da porsi quale possibile limite di utilità sociale. Sicché, proprio in virtù della diversità di panificazioni e della necessità di consentire al consumatore di conoscere le caratteristiche di ogni tipo al fine di effettuare con libertà una scelta oculata tra diversi tipi di pane, la normativa contestata appare logica e coerente con i principi costituzionali” e che “… il legislatore italiano, al duplice fine di eliminare elementi di concorrenza in danno della panificazione tradizionale … e, soprattutto, per consentire al consumatore di accedere ad informazioni corrette sulla qualità del pane da acquistare, anche in ossequio a quanto disposto dall’art.50 della L. n.146/1992, ha posto l’accento sulla differenza tra “pane fresco”, inteso come pane prodotto secondo un processo di produzione unico e continuo nell’arco della giornata, e “pane conservato”, il cui processo di produzione è connotato da interruzioni finalizzate al congelamento e il cui completamento di cottura è posticipato (v. l’art.4 della L. n.248/2006)”.
I ricorrenti avevano ricorso in Cassazione assumendo che la mera diversità della tecnica di panificazione, rispettivamente del prodotto ottenuto dal completamento della cottura di pane precotto e surgelato, da una parte, e del pane fresco, dall’altra parte, non costituirebbe elemento sufficiente a giustificare il trattamento diversificato dei due prodotti finali, identica essendo l’esigenza di tutela del consumatore. Peraltro, la stessa decisione impugnata darebbe atto, ad avviso dei ricorrenti, che la vera ratio della differenza di trattamento tra i rivenditori di pane fresco e ottenuto dal completamento di prodotto precotto e surgelato risiederebbe nell’esigenza di eliminare elementi di concorrenza in danno della panificazione artigianale.
Infine, i ricorrenti allegano che i documenti prodotti sin dal primo grado del giudizio di merito evidenziavano che il rivenditore aveva provveduto a rispettare la normativa in tema di etichettatura e informazione del consumatore, apponendo tutte le informazioni relative alla tipologia del prodotto sia sugli scaffali destinati alla sua vendita che sulle etichette stampate dalla bilancia in uso alla clientela.
Secondo la Suprema Corte tale doglianza è infondata poiché la diversificazione del trattamento tra pane fresco e pane ottenuto da prodotto precotto e surgelato non si fonda soltanto su motivazioni economiche (e in particolare, sull’esigenza di eliminare elementi di concorrenza in danno della panificazione artigianale) ma sul collegamento tra la ratio di tale trattamento differenziato, le oggettive differenze del processo produttivo del pane, e l’esigenza del consumatore ad una informazione precisa e puntuale sul prodotto acquistato.
In altri termini una cosa è l’acquisto di pane ottenuto da un processo produttivo unitario completato in una sola giornata (il cosiddetto “pane fresco”), ed altro è l’acquisto di pane ottenuto da un processo produttivo che viene interrotto per consentire il surgelamento del prodotto in vista di un posticipato completamento della sua cottura (il cosiddetto “pane conservato”).
Il consumatore ha il diritto di ottenere una informazione specifica e precisa circa i due differenti prodotti, onde non può affermarsi che il primo corrisponda al secondo, né che -per logica conseguenza- sussista una violazione dei principi di cui agli artt.3 e 41 Cost. in relazione al trattamento diversificato che la legge prevede, soprattutto in vista della tutela del consumatore, per il prodotto finale derivante dai due diversi processi produttivi.
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Sottotetto condominiale o privato? I criteri

sottotettoLa natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità, tramite la creazione di una camera d’aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo (Sez. 2, n. 17249 del 12/08/2011, Rv. 619027); con l’ulteriore precisazione che per accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicché, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117, comma 1, c.c.; viceversa, allorché il sottotetto assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento (Sez. 2, n. 6143 del 30/03/2016, Rv. 639396);
E’ quanto ribadito dalla S.C. di Cassazione con ordinanza 9383 del 21/05/2020 (scarica qui il provvedimento integrale)

La Cassazione sulla sospensione della prescrizione nel periodo emergenziale

Cassazione prescrizione covidIn data 17.7.2020 la Cassazione si è pronunciata in tema di legittimità della sospensione Covid-19 ex art. 83 del d.l. 18 marzo 2020.
In particolare con sentenza della sezione III penale, n. 21367/2020 ha affermato i seguenti principi di diritto:
• «è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della sospensione del corso della prescrizione, disposta dall’art. 83, comma 4, del d.l. 18 marzo 2020, in quanto la causa di sospensione è di applicazione generale, proporzionata e di durata temporanea, e la deroga al principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, previsto dall’art. 25, comma 2, Cost. risulta giustificata dall’esigenza di tutelare il bene primario della salute, conseguente ad un fenomeno pandemico eccezionale e temporaneo, dovendosi realizzare un ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali, nessuno dei quali è assoluto e inderogabile»;
• «la sospensione della prescrizione prevista dall’art. 83, comma 4, del d.l. 18 marzo 2020 opera dalla data dell’udienza (ricadente nel periodo 9 marzo-11 maggio 2020) di cui è stato disposto il rinvio e fino all’11 maggio 2020, mentre, per i procedimenti la cui udienza era fissata nel periodo 12 maggio-30 giugno 2020 e rinviati a data successiva, la prescrizione rimane sospesa, ai sensi 83, comma 9, del d.l. 18 marzo 2020, dalla data dell’udienza fino al 30 giugno 2020».
Come noto, sul medesimo punto, diversi Tribunali hanno sollevato questione di legittimità costituzionale per violazione del principio di irretroattività della legge penale, avendo le norme in tema di prescrizione natura sostanziale e non processuale.
Sul punto si pronuncerà la Corte Costituzionale.
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Particolare tenuità del fatto anche per i reati senza minimo edittale

orte costituzionale tenuità del fattoLa causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto” è applicabile al reato di ricettazione attenuata, previsto dal secondo comma dell’articolo 648 del codice penale, e a tutti i reati ai quali, non essendo previsto un minimo edittale di pena detentiva, si applica il minimo assoluto di 15 giorni di reclusione.
È quanto ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 depositata il 21 luglio 2020 (relatore Stefano Petitti), dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 131-bis del codice penale, laddove non consente l’applicazione dell’esimente ai reati per i quali non è stabilito un minimo edittale di pena detentiva e tuttavia è previsto un massimo superiore a cinque anni. La Corte ha osservato che, con la scelta di consentire l’irrogazione della pena detentiva nella misura minima assoluta (15 giorni di reclusione), il legislatore ha riconosciuto che alcune condotte possano essere della più tenue offensività. Per esse, quindi, è irragionevole escludere a priori l’applicazione dell’esimente.
Scarica qui la sentenza integrale della Consulta e il relativo comunicato stampa.