La CEDU con sentenza 14.4.2020 nel caso Dragan Petrovi? contro Serbia si è pronunciata in relazione alla lamentata violazione dei diritti dell’imputato per essere stato sottoposto, sotto minaccia da parte della polizia, ad un prelievo di campione di DNA, senza nemmeno preventiva notifica di avviso di garanzia (e conseguente ignoranza del fatto di essere indagato per il reato per cui si procedeva).
In particolare la Corte, dopo aver dato atto dell’irrilevanza del consenso del ricorrente al tampone, in ragione delle intimidazioni degli agenti di polizia, ha accertato l’effettiva lesione del diritto al rispetto della vita privata, in quanto l’atto non è stato eseguito in conformità della legge. Difettavano, infatti nell’ordinanza i riferimenti normativi in materia di prelievo di materiale biologico (all’epoca dei fatti non prevista dal diritto serbo) e non venivano verbalizzate le operazioni di prelievo.
Del resto l’ingerenza nella vita privata rappresentata dal prelievo di DNA deve ritenersi consentita solo se: (a) sia prevista dal diritto nazionale, (b) persegua una finalità legittima e (c) sia necessaria e proporzionata a tale finalità.
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