Rimborso di cure all’estero: decide il giudice ordinario

Spetta al giudice del lavoro e non al giudice amministrativo la competenza a decidere in ordine a rimborsi per spese sostenute all’estero per cure in centri di altissima specializzazione.

Lo ha deciso la recente pronuncia della S.C. di Cassazione n. 4847/2025 in cui si legge “Va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario riaffermando le enunciazioni di Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2867 e Cass., Sez.Un., 6 settembre 2013, n. 20577, nel senso che in materia di rimborso delle spese sanitarie sostenute dai cittadini residenti in Italia presso centri di altissima specializzazione all’estero, per prestazioni che non siano ottenibili in Italia tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, sia nel caso in cui siano addotte situazioni di eccezionale gravità ed urgenza, prospettate come ostative alla possibilità di preventiva richiesta di autorizzazione, sia nel caso in cui l’autorizzazione sia stata chiesta e si assuma illegittimamente negata, giacché viene comunque in considerazione il fondamentale diritto alla salute, non suscettibile di affievolimento per effetto della discrezionalità meramente tecnica riconosciuta alla P.A. in ordine all’apprezzamento dei presupposti per l’erogazione delle prestazioni”.

E ancora: “Benché, nella specie, non sia stato chiesto il rimborso di spese affrontate per cure specialistiche praticate all’estero pur in mancanza di autorizzazione, sibbene l’annullamento dell’atto amministrativo di diniego di autorizzazione ad effettuarle, non di meno va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, essendo la domanda diretta a tutelare una posizione di diritto soggettivo – il diritto alla salute – senza che assuma rilievo, in contrario, il contenuto concreto del provvedimento richiesto, il quale implica soltanto un limite interno alle attribuzioni del giudice ordinario, giustificato dal divieto di annullamento, revoca e modifica dell’atto amministrativo ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 4, all. E (ex multis, Cass., Sez. Un., nn. 23284/2010, 4633/2007, 9005/1993)”.

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Anche la società estera risponde ex d.lgs 231/2001

231 e sede esteroLa sentenza della S.C. di Cassazione, Sezione VI penale, n. 11626 del 7.4.2020 ha stabilito che anche la società avente sede legale all’estero debba rispondere per responsabilità amministrativa dell’ente ex d.lgs. 231/2001.
Secondo la S.C. qualsiasi ente è soggetto all’obbligo di osservare la legge italiana e, in particolare, quella penale.
E ciò a prescindere (a) dalla sua nazionalità, (b) dal luogo ove esso abbia la propria sede legale e (c) dall’esistenza o meno nel Paese di appartenenza di norme che disciplinino in modo analogo la medesima materia.
Pertanto anche l’ente con sede all’estero, se intende vedere esclusa o attenuata la propria responsabilità amministrativa, deve considerarsi tenuto alla predisposizione e all’efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione atti ad impedire la commissione di reati.
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