Ristrutturazione o nuova costruzione?

ristrutturazione o nuova costruzioneAttività demoricostruttiva o nuova costruzione sotto mentite spoglie?

La corretta qualificazione dell’intervento non è solo una questione di “etichetta”.

Quando si progetta un intervento edilizio, definire correttamente che tipo di attività si intende realizzare – se ristrutturazione o nuova costruzione – non è solo una formalità. Si tratta di un passaggio fondamentale per il procedimento autorizzativo e da cui dipende il successo o meno del progetto.

In un recente caso esaminato (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 1 aprile 2025, n. 1133), il TAR Lombardia è intervenuto per fare chiarezza su questo tema, spesso al centro di controversie, precisando i criteri per distinguere queste due tipologie di intervento.

Il contenzioso è nato da una richiesta di permesso di costruire, respinta dal Comune perché l’intervento, presentato come “demolizione e ricostruzione”, era da considerarsi, invece, una “nuova costruzione”.

Il progetto prevedeva la totale demolizione dell’edificio esistente e la realizzazione di due nuovi fabbricati, posizionati su una diversa area rispetto alla posizione originaria e con un aumento significativo di superficie e volume.

Secondo il Giudice, un intervento di questo tipo non può essere considerato ristrutturazione, perché manca ogni forma di continuità con il vecchio edificio. Infatti, la normativa edilizia e la giurisprudenza richiedono che, per parlare di “demolizione e ricostruzione”, debba esservi la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’immobile: sagoma, volume, superficie.

Se queste vengono alterate in modo sostanziale, si esce dal campo della ristrutturazione e si entra in quello della nuova costruzione con le relative implicazioni normative e urbanistiche.

Il Collegio ha quindi sottolineato che l’edificio preesistente non può diventare semplicemente un pretesto per costruire qualcosa di completamente nuovo. In tal caso, quindi, l’intervento sarà qualificabile a tutti gli effetti come nuova costruzione e come tale dovrà essere autorizzata.

Tuttavia, non spetta all’Amministrazione “correggere” l’errore del privato nella qualificazione dell’intervento.

È responsabilità del richiedente inquadrare correttamente, fin dalla richiesta di permesso di costruire (o dalla segnalazione di inizio attività), la natura dell’iniziativa edilizia che si intende eseguire.

Pertanto, la distinzione tra ristrutturazione e nuova costruzione non è certo una questione di “etichetta”. Si tratta di un’operazione preliminare sostanziale, un passaggio di primaria importanza da affrontare con attenzione sin dalle prime fasi della progettazione.

Consulta qui la sentenza TAR Lombardia 1133/2025 e il contributo integrale del nostro Giovanni Di Bartolo su LexItalia.

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Rimborso di cure all’estero: decide il giudice ordinario

Spetta al giudice del lavoro e non al giudice amministrativo la competenza a decidere in ordine a rimborsi per spese sostenute all’estero per cure in centri di altissima specializzazione.

Lo ha deciso la recente pronuncia della S.C. di Cassazione n. 4847/2025 in cui si legge “Va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario riaffermando le enunciazioni di Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2867 e Cass., Sez.Un., 6 settembre 2013, n. 20577, nel senso che in materia di rimborso delle spese sanitarie sostenute dai cittadini residenti in Italia presso centri di altissima specializzazione all’estero, per prestazioni che non siano ottenibili in Italia tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, sia nel caso in cui siano addotte situazioni di eccezionale gravità ed urgenza, prospettate come ostative alla possibilità di preventiva richiesta di autorizzazione, sia nel caso in cui l’autorizzazione sia stata chiesta e si assuma illegittimamente negata, giacché viene comunque in considerazione il fondamentale diritto alla salute, non suscettibile di affievolimento per effetto della discrezionalità meramente tecnica riconosciuta alla P.A. in ordine all’apprezzamento dei presupposti per l’erogazione delle prestazioni”.

E ancora: “Benché, nella specie, non sia stato chiesto il rimborso di spese affrontate per cure specialistiche praticate all’estero pur in mancanza di autorizzazione, sibbene l’annullamento dell’atto amministrativo di diniego di autorizzazione ad effettuarle, non di meno va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, essendo la domanda diretta a tutelare una posizione di diritto soggettivo – il diritto alla salute – senza che assuma rilievo, in contrario, il contenuto concreto del provvedimento richiesto, il quale implica soltanto un limite interno alle attribuzioni del giudice ordinario, giustificato dal divieto di annullamento, revoca e modifica dell’atto amministrativo ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 4, all. E (ex multis, Cass., Sez. Un., nn. 23284/2010, 4633/2007, 9005/1993)”.

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